Bellezza: perfezione o libertà di essere felici?
Bellezza e fascino. Un binomio che spesso convive e alcune volte si contrappone. La madre di Caterina, la protagonista, è una donna ancora bella. Il padre, invece, è dotato di fascino. Ma perché questi due principi sembrano così distanti? Forse perché tendiamo ad accostare l’idea di bellezza a quella di perfezione. Anche Caterina, all’inizio del libro, lo fa.
La bellezza non è perfezione. La bellezza è libertà, anche di rischiare di farsi male o di essere felici.
Ecco la sua bella famiglia stile Tarallucci del Mulino Bianco: un sogno diventato realtà. Un marito non bello, perché la bellezza per Caterina è una cosa pericolosa, in grado di far perdere la ragione.
Eppure Caterina ha tutto: un marito perfetto, una casa perfetta con giardino e posto auto. Tutto così perfetto e rassicurante da risultare ai suoi occhi bello.
Poi succede qualcosa è l’impalcatura cade: non era reale quello che la protagonista stava vivendo, non il suo sogno di perfezione.
Inizia così il viaggio di Caterina, un viaggio alle Canarie, ma anche dentro se stessa. Un viaggio che la porta a (ri)scoprire parti di sé e dei suoi rapporti interpersonali, oltre che una terra che riesce da subito a catturarla.
In Innamorarsi alle Canarie, appena arrivata in suolo straniero, Caterina è colpita dalla bellezza del paesaggio, che via via si arricchisce di dettagli con lo scorrere della storia: il mare, la natura, la sabbia scura, i dettagli della città con i suoi balconi fioriti. E anche lo stile di vita ci appare stupendo: l’idea di potersi sdraiare al sole quando si vuole, la movida ricca di convivialità. Anche gli abitanti delle Canarie sono belli, perché spontanei. Non la bellezza che aderisce necessariamente a canoni estetici, quindi: la bellezza, qui, è libertà.
Un’altra bellezza che emerge nel libro è legata all’affetto e alla vicinanza dei propri cari. Caterina si ricongiunge a Barbara, che la ospita nella sua casa e anche in abbracci colmi di amicizia quando la donna sembrerà sul punto di crollare. E poi il rapporto con il padre di Caterina, che verrà a trovarla e con cui lei riscoprirà il suo ruolo di figlia e non di figlia-moglie.
E poi c’è lui, Nicolas. Una bellezza da allarme rosso. Un sorriso di chi la sa lunga e ne è consapevole. Occhi stupendi. Ma è vero che la bellezza da sola serve a poco. Eppure, Nicolas fa vacillare le ultime certezze di Caterina, anche quando il suo passato torna a bussare alla porta in nome di quella perfezione che poi perfezione non era. Lasciarsi andare o no? Rischiare di farsi male o tornare in Italia?
C’è una grande lezione che il padre di Caterina offre alla figlia e che l’autrice offre al lettore: la felicità non è stabilità. La felicità è amore.
Parafrasando questa affermazione, potremmo dire che in Innamorarsi alle Canarie la bellezza non è perfezione. La bellezza è libertà, anche di rischiare di farsi male o di essere felici.
La libertà della natura, ripresa con una videocamera. La libertà dell’abbraccio di un’amica. La libertà di nuotare nudi, non solo di vestiti. La libertà di correre il rischio di amare.
Che scelte farà Caterina? E con questo bel Nicolas? Non voglio togliervi il piacere di questa lettura, che in giorni pesanti è stata per me una boccata d’aria fresca.
Vi chiedo, però, prima di lasciarvi, se per voi la bellezza sia perfezione o fascino. Personalmente credo nel dettaglio che sfugge al controllo, quello che provoca un brivido, non sempre piacevole. Il perturbante, lo potremmo chiamare, qualcosa che lascia il segno e provoca emozioni. Ma di tutto questo parleremo un’altra volta.
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