Della bellezza e dell’integrità. Della mostruosità nell’aspetto e nella condotta.
Mens sana in corpore sano.
L’antichità classica ci ha abituato allo sfoggio di bei corpi dalle linee armoniose.
Questo ideale, reso immortale dalle statue in marmo sopravvissute a guerre, calamità e crolli, è stato ripreso ed esaltato anche in tempi relativamente recenti, soprattutto per quanto riguarda la bellezza maschile.
Durante l’epoca fascista, per esempio, riprese vigore il culto del corpo atletico e ben curato. Fu eretto a modello, come già era avvenuto nel Rinascimento, ma con profonde differenze. Stavolta, infatti, non c’era la ricerca di un uomo colto, poliedrico e intellettuale, ma soltanto forte, rassicurante e attivo.
A differenza del passato, inoltre, si assistette a una campagna pubblicitaria per la diffusione dell’immagine ideale. I nuovi mezzi di comunicazione e la capacità (e la possibilità) di raggiungere le masse erano invece assenti in epoca rinascimentale.
In conclusione, durante il Rinascimento era presente un culto antropocentrico e corpocentrico, destinato alle classi più potenti e abbienti, attento allo sviluppo parallelo di doti intellettuali.
E l’orrore? E il brutto?
Nel Medioevo troviamo i primi segnali: il prodigioso si rivela manifestazione del diabolico e del divino, in una guerra così radicata e profonda da combattersi persino nell’aspetto delle persone, soprattutto nel corpo femminile.
Se nell’antichità gli dei potevano parlare attraverso il corpo, questo fenomeno avveniva senza lotta. Nel Medioevo, invece, i segni di Dio e del Diavolo si fanno ben visibili nell’estasi, nei poteri corporei soprannaturali e nelle deformazioni fisiche. Il corpo diventa il campo di battaglia tra Bene e Male. Come teatro della lotta, con le sue cicatrici, è sotto gli occhi di tutti.
Nell'antichità gli dei potevano parlare attraverso il corpo. Nel Medioevo, il corpo diventa il campo di battaglia tra Bene e Male. I segni del corpo, le sue cicatrici, sono il risultato dello scontro e sono sotto gli occhi di tutti.
Durante il Romanticismo fa il suo ingresso il sublime, in grado di generare sentimenti ambivalenti in chi viene a contatto con lui.
Questo ci accade quando incontriamo in Janet la storta il reverendo Murdoch Soulis e la vecchia Janet Mc Clour.
Il reverendo, dall’aria burbera e impassibile, si lascia invece impietosire da un’anziana derisa e insultata. Non è un semplice riso di scherno quello dietro cui si murano le donne del paese. Si tratta di paura. Questa emozione è causata dal pregiudizio e dalla superstizione, perché Janet è colpevole di essersi unita fuori dal matrimonio con uno straniero e di aver portato a termine la gravidanza senza aver nascosto il frutto di quella unione.
Janet è vittima di decadimento fisico e bollata di immoralità.
Il reverendo decide di accoglierla come governante, ma la vecchia subisce un nuovo affronto. Dopo l’ultima umiliazione il suo aspetto diventerà ancora più aberrante e spaventoso.
Che cosa penseranno, adesso, i compaesani? Di che cosa è realmente segno il suo aspetto così storto e deforme?
C’è una motivazione nascosta da cui deriva questa mostruosità?
Se siete in cerca del perturbante, il personaggio di Janet fa al caso vostro. E questa piccola storia di Stevenson non vi deluderà.
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