Della complessità del reale
Quante volte abbiamo sentito dire o abbiamo pronunciato Semplicemente oppure è semplice? Spiegando qualcosa che sembrava del tutto scontato, ovvio, rimanendo increduli di fronte all’altrui incapacità di cogliere in modo istantaneo la soluzione del problema. Tutte le volte in cui ci comportiamo in questo modo, stiamo forse perdendo di vista che la realtà spesso sia più complessa di quanto ci appare e che il modo in cui noi la percepiamo sia soltanto uno tra quelli possibili.
Facciamo un esempio… semplice, per rimanere in tema.
Davanti a noi un bambino sta piangendo. Perché? Alcuni di noi risponderebbero: Semplicemente perché è triste.
Eppure questa non è che una nostra supposizione, che si basa soltanto sul pianto e sull’idea (più o meno calzante) che si pianga quando si è tristi. La nostra spiegazione non è che un’intuizione dettata da osservazioni frequenti o da congetture in apparenza superficiali. Un restare a galla, senza immergersi in profondità per scandagliare il fondale marino.
Eppure, quel pianto potrebbe avere motivazioni diverse, come la paura, il sonno, la fame, il senso di solitudine. E, perché no, anche la felicità.
Oltre la semplicità di un fenomeno, approfondendo, si può arrivare alla complessità.
Oltre la semplicità di un fenomeno, approfondendo, si può arrivare alla complessità.
Anche in Una storia semplice la spiegazione appare chiara ed evidente: l’uomo trovato morto in una casa che avrebbe dovuto essere abbandonata si è ucciso. Semplice, no? Il biglietto, l’ultimo messaggio con la semplice scritta ho trovato. e quel punto fermo finale sembrano confermare questa ipotesi. Perché indagare? Perché scendere a un livello più basso e nascosto, più profondo e difficile da scrutare?
Questo è il male che talvolta si impossessa di noi: ci accontentiamo di una semplicità svilente, che non è appunto semplice, ma semplicistica. Fingiamo che tutto sia di facile soluzione, perché è più comodo per noi, soprattutto se la verità che rischia di emergere dalle acque ci riguarda da vicino, in un’ottica di colpe e di delitti. Anche il riduzionismo di cui ci macchiamo diventa una colpa, una colpa doppia, in quanto scegliamo consapevolmente di sporcarci.
Fingiamo che tutto sia di facile soluzione, perché è più comodo per noi, soprattutto se la verità che rischia di emergere dalle acque ci riguarda da vicino, in un'ottica di colpe e di delitti.
Andare oltre, con ostinazione, anche quando tutto e tutti sembrano guidarci all’osservazione della sola superficie, accontentandoci di quella che è solo la prima fermata della ricerca della verità, e spesso quella più lontana dal centro della realtà.
Questa è la lezione del protagonista di Una storia semplice. Una lezione che, a ben guardare, possiamo trovare anche ovunque intorno a noi. Soprattutto negli ultimi giorni.
Consigli di utilizzo per la ricerca di una verità non superficiale:
- Mettiti qualcosa di comodo, che non hai paura di macchiare;
- Se indossi gli occhiali, pulisci bene le lenti; ricordati anche la mascherina da immersione;
- Ricordati di portare con te occhiali di riserva, qualcosa per scrivere, qualcosa su cui scrivere. Ciò che dovrai scrivere lo troverai durante e dopo la ricerca;
- Quando trovi acque torbide, lancia un sasso, poi un legno: assicurati che non ci siano sabbie mobili;
- Se decidi di tuffarti, perché in superficie e dall’esterno non si vede granché, non avere paura di sporcarti; i vestiti potrai lavarli quando avrai finito il tuo viaggio;
- Sii consapevole che potresti trovare qualcosa che non ti piace; ricordatelo, se decidi di buttarti;
- Ricordati di tornare a galla a respirare;
- Ricordati di tornare a galla a respirare (e non è un semplice errore di compilazione dei consigli, una ripetizione. Questo è un consiglio che merita di essere ripetuto).
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