Di compagnia, d’amicizia e di segreti – Angela Colapinto

Intervista ad Angela Colapinto, autrice di “Il Detestiario”, “Paura” e “La compagnia”

Per me è difficile, oggi, intervistare e introdurre Angela Colapinto. Sì, perché per me lei è una persona davvero speciale. Non solo una collega di scrittura, non solo un’amica. Con Angela ho condiviso un percorso bellissimo e da allora è entrata nella mia vita. Ma non sarò qui ad annoiarvi con la storia di questo rapporto, seppur, credetemi, sia davvero atipica.

Angela Colapinto nasce nel 1979 a Bologna, dove vive e lavora. Nella vita di Angela la scrittura occupa un ruolo importante, ma è un’artista poliedrica che si occupa di fotografia, pittura e ceramica. È anche una danzatrice.

Dal 2015 si dedica con serietà alla scrittura. Autrice di numerosi racconti, di una raccolta “Paura” (Fara ed.), e di due romanzi “Il Detestiario” (Jona ed.) e “La Compagnia” (Booktribu ed.).


Ciao Angela! Fa sempre un effetto strano essere una da una parte e una dall’altra dopo tanto tempo passato a intervistare e a dialogare con altri autori insieme. Inizierei quindi con una domanda molto diversa dal solito: che tipo di domanda non vorresti che ti fosse mai rivolta durante un’intervista o una presentazione? Perché?

Che cosa c’è di autobiografico in questo romanzo? una domanda che odio e in qualche modo amo allo stesso tempo. Ogni volta che mi viene posta, prima di rispondere ho sempre un attimo di esitazione: difficilmente si scrive di ciò che non si conosce e quindi si è costretti alla sincerità che a volte non si vorrebbe. In ogni parola che mettiamo nero su bianco c’è qualcosa di noi, anche quando raccontiamo storie e aneddoti presi in prestito da altri. Quindi mi ritrovo a ripetere sempre tutto e niente, ma è dentro a quel tutto che risiede la sincerità a cui ho accennato poco fa.


In ogni parola che mettiamo nero su bianco c’è qualcosa di noi, anche quando raccontiamo storie e aneddoti presi in prestito da altri

Angela Colapinto

Che tipo di storie dobbiamo aspettarci di trovare tra le pagine dei tuoi libri?

Di sicuro non storie rosa dalle tinte tenui e calde, e soprattutto piene di buoni sentimenti. Può bastare come risposta?


C’è un’opera a cui sei particolarmente legata? Perché?

Se parliamo di autori conosciuti “Arrivederci amore, ciao” di Massimo Carlotto: mi ha subito colpito la costruzione del protagonista, Giorgio Pellegrini, la sua efferata indifferenza arriva dritta allo stomaco togliendo il fiato. Se parliamo delle mie, forse l’ultimo romanzo “La Compagnia”, per la lunga e complessa gestazione che ha portato al suo realizzarsi.


Descrivi ogni tua opera con tre parole (tre, non barare):

“Il Detestiario”: tagliente, spregiudicato e amaro.

“Paura”: inquietante, angosciante e stralunato.

“La compagnia”: avvincente, malinconico e noir.


Suggerisci un sottofondo musicale per accompagnare la lettura delle tue opere (se vuoi puoi indicare anche una situazione ideale di lettura, tipo periodo della giornata, luogo, compagnia, ecc):

“Il Detestiario”: lo assocerei al genere punk, un romanzo da leggere durante il giorno, quando si ha voglia di sfogarsi un po’.

“Paura”: mi immagino un sottofondo alla Alfred Hitchcock, da leggere a piccole dosi, un racconto due al giorno, magari in un momento di pausa.

“La compagnia”: Mad World di Gary Jules, da leggere di sera, sempre sperando di non fare incubi.



Senti, Angela: chi finirebbe dritto in prima pagina nel tuo personalissimo detestiario?

Me l’hanno chiesto in tanti ma non ho mai trovato un’identità; Margherita, più che persone specifiche, nel suo detestiario ci mette categorie di persone ed è un po’ quello che farei anche io. Sicuramente ci finirebbero tutti quelli che recitano una parte vivendo nel mondo come fossero altro da sé, ma pretendendo allo stesso tempo di capire il prossimo e indirizzarlo sulla retta via senza avere nemmeno ben chiara quale sia la loro. E ogni tanto ci metterei anche me stessa, più spesso di ogni tanto.



In “Paura”, la tua raccolta di racconti, l’inquietante esplode fuori dal quotidiano. Che cos’è per te la paura, Angela?

La paura per me è proprio il quotidiano. Non credo che nella vita serva andare incontro a situazioni estreme per provare paura, credo che ogni giorno che viviamo possa racchiudere in sé una buona dose di motivi per cui provare questo sentimento. La paura per me è paralisi, ed è questa la più grande sfida: attraversare l’esistenza cercando di scrollarsela di dosso.



Veniamo ora a “La compagnia”, il tuo ultimo romanzo. L’atmosfera nera palpabile dalle primissime pagine del tuo libro ci fa riflettere su quanto i traumi più grandi che attraversano le nostre vite siano in grado di lasciare il loro segno nella nostra mente e sulla nostra pelle. Che cosa puoi dirci del modo in cui Sara, la protagonista, si trova a fare i conti con il ricordo della voce che la invita a non entrare nella dependance?

Sara è forse il personaggio meno compiuto del romanzo: è come se l’infanzia non l’abbia mai abbandonata, gli anni trascorsi in qualche modo l’hanno fatta crescere fisicamente ma dentro, e in cuor suo lei lo sa, è ancora la stessa bambina. Ed è così che affronta quella voce, parcheggiandola nella cesta dei giochi forse nella speranza di poterla un giorno dimenticare, fino a che il richiamo non le sopraggiunge troppo forte per poter essere ignorato.


Se tu, Angela, ti trovassi nella stessa situazione di Sara, con una parte di te che non ricorda e l’altra, curiosa, che deve sapere, che cosa faresti? Ti comporteresti come lei?

Questa è una domanda trabocchetto, vuoi sapere cosa può esserci di me nel comportamento di Sara? Scherzo, però ammetto di essermelo chiesto varie volte ma no, credo che non mi comporterei affatto come lei. In ogni situazione poco chiara che ho attraversato mi sono sempre ritrovata a cercare spasmodicamente la verità, ed è questo quello che farei al suo posto (sempre ammesso che esista davvero un’unica verità da ricercare).


In “La compagnia”, uno dei temi principali è anche l’amicizia e il modo in cui nel tempo può modificarsi o meno. Che cos’è per te l’amicizia? Che valore dai all’amicizia?

L’amicizia per me è il legame più vero e profondo che possa esistere tra le persone, è amore allo stato puro. Do un valore altissimo all’amicizia, ed è anche per questo che ho deciso di indagarne anche i lati più oscuri. Siamo fatti di luce e di ombra purtroppo, o per fortuna.


Nei tuoi libri ricorre spesso il tema del tradimento. Anche in “La compagnia” è uno degli elementi portanti. Qual è secondo te il più grande tradimento che un autore può fare nei confronti del proprio libro?

Non essere onesto con la storia e con i propri personaggi. A volte, quando scriviamo (ebbene sì, capita anche a me), vorremmo non dover sacrificare nulla e nessuno, vorremmo salvarli, vorremmo il lieto fine, ma questo non è sempre possibile e dobbiamo essere fedeli fino in fondo a quanto vogliamo raccontare.


Un altro dei temi ricorrenti nei tuoi libri è l’ossessione. Che sia verso qualcuno o verso qualcosa, è spesso molto presente. Puoi dirci qualcosa a riguardo? E tu, Angela, sei ossessionata dalle storie?

Se sono ossessionata dalle storie? Sin da quando ero bambina: in ogni momento di noia, quando giocavo con le barbie o con i lego, tutto era finalizzato alla costruzione di una storia. In fila nel traffico cittadino mi ritrovo tutt’ora a immaginare scenari in cui le persone prendono strade diverse cambiando così il finale, è un po’ un gioco alla Sliding Doors. Credo che ognuno di noi abbia provato almeno una volta ossessione per qualcuno o per qualcosa, magari una situazione che vorrebbe fosse andata in modo diverso, o un oggetto, perché no, che magari si desidera e non si può avere. Perché non portare tutto ciò dentro a quello che scrivo?


In “La compagnia”, ma anche nelle altre tue opere, i protagonisti, i personaggi, sono il fulcro della storia. In che modo ti approcci ai tuoi personaggi? Li vivi come fossero reali? Quanto la tua esperienza in teatro ti aiuta in questo?

Ho iniziato il corso di teatro perché facevo fatica a parlare in pubblico e volevo abbattere questo muro. Poi, recitando, mi sono resa conto che il modo in cui dovevo entrare nel personaggio da rappresentare mi dava modo di conoscerlo davvero, in maniera profonda, di diventare, seppur per poco, il personaggio stesso. I protagonisti dei miei racconti e dei miei romanzi sono la mia linfa vitale, se non fosse per loro la storia non si costruirebbe. Nascono per primi e vivono insieme a me in ogni singolo istante della creazione, a volte mi indirizzano verso una scelta piuttosto che un’altra, hanno una loro personalità ben definita e non si fanno mettere i piedi in testa facilmente.


Cerchiamo ora di approfondire il tuo rapporto con la scrittura. Quando e come è nata la tua passione?

Da bambina facevo una cosa per me molto carina: quando iniziavano le vacanze estive spesso dovevo separarmi dalle mie amiche per quasi tre mesi, così scrivevo quaderni su quaderni che al rientro a scuola consegnavo alle destinatarie nella speranza che avessero voglia di leggerli. E ammetto che l’hanno sempre fatto. Credo che la mia passione abbia avuto origine lì.


Che cos’è per te la scrittura?

È il mio modo di parlare alle persone, regalando ciò che nel quotidiano spesso resta sotto la superficie.


Se sono ossessionata dalle storie? Sin da quando ero bambina: in ogni momento di noia, quando giocavo con le barbie o con i lego, tutto era finalizzato alla costruzione di una storia. In fila nel traffico cittadino mi ritrovo tutt’ora a immaginare scenari in cui le persone prendono strade diverse cambiando così il finale, è un po’ un gioco alla Sliding Doors.

Angela Colapinto

Qual è la tua routine di scrittura, se ne hai una?

No, onestamente non ne ho una precisa: spesso lavoro per fotogrammi che cerco di unire, e questo viene dall’altra mia grande passione che è la fotografia, altre volte inizio a buttare giù idee che poi lascio lì e riprendo in un secondo momento.


Hai pubblicato due romanzi e una raccolta di racconti. Spostandoti in storie di diversa lunghezza di respiro, come è cambiato il tuo modo di lavorare?

Rispetto a quanto detto poco fa, se si tratta di un romanzo parto dalla costruzione dei personaggi e dalla sinossi, diversamente dai racconti che sono molto più brevi necessito di una scaletta ben definita da poter seguire e che almeno in parte contenga già la divisione in capitoli.


Una frase che spesso noi autori ci sentiamo ripetere è “ma come ti è venuto in mente?”. Adesso ti giro una domanda simile: dove trovi l’ispirazione per le tue storie?

La trovo spesso in quello che mi capita o che capita agli altri, oppure negli aneddoti che le persone mi raccontano; immagino lo scrittore come qualcuno che girovaga con gli occhi, le orecchie e il cuore aperti a recepire e fare suo ciò che ha intorno; un innocuo ladruncolo di spunti.


Quali sono per te gli ingredienti che un bel romanzo deve avere?

Deve riuscire ad attrarre il lettore tanto da fargli desiderare di non interrompere la lettura, deve riuscire a portarlo dentro tanto da fargli vedere ogni singola scena come fosse in un film, deve sorprenderlo e deve renderlo triste nel momento in cui giunge alla fine.


Qual è la parte più difficile per te nel tuo percorso di ideazione, struttura, scrittura e promozione dell’opera? Perché?

La parte più difficile è sicuramente la promozione dell’opera: sarei uno di quei classici topi da biblioteca che vorrebbe scrivere tutto il giorno e avere un alter ego che si sobbarca tutto il resto, anche se poi, dopo i primi momenti, quando sono in mezzo alla gente e parlo di quello che scrivo, e vedo l’interesse nei loro occhi, la soddisfazione che provo è indescrivibile.


E la parte che reputi più stimolante e divertente?

La scrittura. Quando batto le dita sui tasti e vedo le cose accadere, seppur nella finzione, ogni tanto provo la presunzione del creatore: i personaggi e la storia esistono perché sono io a renderlo possibile. Un po’ di sana follia quando si parla di scrittura non guasta mai, no?


C’è un autore a cui ti ispiri? Perché?

Me l’hanno chiesto in diversi ma la risposta è sempre la stessa: no. Leggo tanto e leggo libri di qualsiasi genere e caratura, a volte penso che dovrei rispondere a tutti, perché da ognuno di essi posso dire di aver imparato qualcosa.


Quanto è importante, secondo te, la lettura di altri autori per migliorare la propria scrittura?

Importantissima, mio padre mi ripeteva sempre: per imparare a scrivere bisogna prima leggere e credo oggi più che mai che avesse ragione. In effetti lo vidi anche nei temi a scuola, i miei voti fecero un balzo a dir poco sorprendente.


Poi, recitando, mi sono resa conto che il modo in cui dovevo entrare nel personaggio da rappresentare mi dava modo di conoscerlo davvero, in maniera profonda, di diventare, seppur per poco, il personaggio stesso. I protagonisti dei miei racconti e dei miei romanzi sono la mia linfa vitale, se non fosse per loro la storia non si costruirebbe. Nascono per primi e vivono insieme a me in ogni singolo istante della creazione, a volte mi indirizzano verso una scelta piuttosto che un’altra, hanno una loro personalità ben definita e non si fanno mettere i piedi in testa facilmente.

Angela Colapinto

Qual è stata l’esperienza che più ti ha segnata a livello autoriale?

Anni fa avevo iniziato a scrivere in modo acerbo, avevo tentato parecchi concorsi senza mai vincerne uno. Un giorno, quasi per caso, ho incontrato un amico (che ringrazio) che aveva pubblicato un racconto e che mi ha parlato del corso di scrittura che aveva frequentato. Mi sono iscritta anche io ed è da lì che è nato tutto: ho conosciuto di persona diversi scrittori e questo mi ha permesso di aprire la mente a un mondo che mi sono resa conto conoscevo ben poco. Credo che sia stato questo, e il modo in cui questa bellissima esperienza mi ha fatto crescere.


Preferisci leggere autori già affermati o emergenti? Perché?

Entrambi, non do un valore diverso a un autore affermato rispetto a un emergente, do valore alle pagine che leggo. Poi, ci sono autori conosciuti che mi piacciono molto e che cerco nelle librerie, mentre quelli emergenti devono fare la fatica di arrivare a noi, ma questo lo sappiamo bene.


Credi che la scrittura e la lettura possano cambiare il mondo? Se sì, in che modo?

Credo che la conoscenza possa cambiare il mondo, perché è in grado di spostare il punto di vista e di illuminare gli angoli bui che molto spesso tendiamo a ignorare. Quindi sì, anche la scrittura e la lettura possono farlo, in quanto mezzi per conoscere.


Se tu dovessi indicare un’opera che hai letto e che ha cambiato il modo in cui vedi il mondo (intorno a te o dentro di te), quale indicheresti? Perché?

Non ne ho una in particolare da indicare, credo che non ci sia mai stata un’opera che abbia avuto la capacità di cambiare davvero la mia visione interiore o del mondo, credo piuttosto che ogni opera che è passata sotto i miei occhi mi abbia donato qualche abilità in più, e questo ha contribuito sicuramente a far evolvere la mia visione interna ed esterna.


Immagino lo scrittore come qualcuno che girovaga con gli occhi, le orecchie e il cuore aperti a recepire e fare suo ciò che ha intorno; un innocuo ladruncolo di spunti.

Angela Colapinto

A cosa stai lavorando?

In questo preciso momento a un racconto, ho una scadenza da rispettare e bisogna che mi metta sotto!


E che cosa puoi anticiparci sui tuoi progetti futuri?

Per ora nulla di preciso, i mesi passati di lockdown hanno un po’ rallentato la promozione dell’ultimo romanzo, quindi sto cercando di concentrarmi su questo. Però l’altra sera ero sul divano e la mia mente stava costruendo storie parallele, una in particolare mi ha colpito e fatto pensare a un nuovo possibile romanzo. Ma non andiamo oltre, sono scaramantica


Oltre alla scrittura e alla lettura, sappiamo che sei un’artista poliedrica: pittura, fotografia, ceramica, danza e teatro. Puoi dirci che cosa rappresentano per te?

Passioni, obiettivi forse. Sono sempre stata attratta dall’arte ma anche io mi ero sentita dire: meglio che tu faccia altro nella vita. Per molti anni ho creduto a queste parole poi, come capita a tanti, sono successe diverse cose che mi hanno fatto pensare che non avessi più nulla da perdere e che quindi, se avessi deciso di provarci, il peggio che poteva capitare era che non cambiasse nulla. E invece sono cambiate molte cose e oggi mi ritrovo ad avere tanti piccoli secondi lavori che mi occupano tempo ma che mi restituiscono molte gratificazioni.

Le persone spesso mi definiscono impegnativa: non so se perché questo mio lato creativo in qualche modo le spaventi o semplicemente perché è difficile, a volte, andare oltre a ciò che viene mostrato. In qualche modo però dovrò pure farmi un po’ di pubblicità, concordi?


Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane autore che sogna di pubblicare il suo primo libro?

Che ci provi, anche se gli sembra difficile, anche se gli sembra impossibile che vada avanti e non molli. Che accetti i consigli di chi ne sa più di lui con umiltà e che sia pronto a rimettere mano alla sua opera anche quando la ritiene finita e perfetta. Che abbia fiducia, in se stesso e in quello che la scrittura può portargli. Se posso fare una battuta, che non creda però di diventare ricco con il primo romanzo (cosa che tuttavia gli augurerei). Piedi per terra e testa sulle spalle, via che si va!


Hai la possibilità di inviare nello spazio una sola opera (che sia una poesia, un racconto, un romanzo) di un autore più o meno conosciuto. L’autore puoi essere anche tu. In questa opera dovrebbe essere raccolto il tuo messaggio a memoria futura. Quale opera scegli e perché?

“Demian” di Herman Hesse. Uno dei romanzi di formazione meglio riuscito, a mio avviso, un passaggio che in fase di evoluzione, soprattutto durante l’adolescenza, ognuno di noi dovrebbe compiere.


Risposte secche:

  1. Casa editrice o self? CASA EDITRICE
  2. Giallo o nero? NERO
  3. Struttura a priori o in divenire? UN PO’ E UN PO’
  4. Musica in sottofondo o silenzio? PREFERIBILMENTE SILENZIO
  5. Prima persona o terza persona singolare? PER ORA, PRIMA
  6. Libro cartaceo o digitale? CARTACEO (IN VALIGIA, DIGITALE)
  7. Revisione a schermo o su carta? A SCHERMO, CON APPUNTI SU CARTA

Ringraziamo Angela, un’artista in grado di scavare nella profondità umana senza pregiudizi, accogliendone ogni forma.

Se le sue risposte vi hanno incuriosito, vi suggerisco di approfondire qui:



4 risposte a “Di compagnia, d’amicizia e di segreti – Angela Colapinto”

  1. Caspita! che intervista lunga e minuziosamente approfondita. Complimenti a te e all’autrice. Vuoi intervistare anche me?

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    1. Ciao Pierstefano! Molto volentieri. Avevo provato a contattarti su facebook, perché l’indirizzo email che hai lasciato nel form non mi risulta corretto. Ricontattami, per favore!

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  2. […] altri autori intervistati sono stati Marco Venturi (giallo), Angela Colapinto (noir), Federica Baglivo (storico politico), Massimo Berti (giallo) e Vincenzo Ibba […]

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  3. […] Angela Colapinto: la nostra collaborazione, e anche la nostra amicizia, nasce proprio dal legame tra due dei nostri personaggi; ogni volta che leggo qualcosa di tuo, ciò che più mi colpisce è proprio la relazione, che siano le poche pagine di un racconto breve o qualcosa di più lungo. Si potrebbe affermare che sono le relazioni che costruiscono le storie, così nella scrittura come nella vita reale, o quando scrivi hai in mente prima ciò che vuoi far accadere e poi pensi a come i personaggi possano interagire? Oppure semplicemente le due parti camminano insieme?  […]

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