E se fossero i giorni a scomparire? – Massimo Berti

Intervista all’autore di “L’enigma dei giorni scomparsi” – Massimo Berti

Torniamo a parlare di giallo spostandoci a Nord. La vita dell’autore Massimo Berti si snoda tra Milano, dove lavora, e Vicenza, dove vive. Nella vita di tutti giorni Massimo Berti è un avvocato che si occupa di questioni economiche e finanziare. Un ambiente, il suo, che ha senz’altro influenzato il suo primo romanzo, “L’enigma dei giorni scomparsi“, come vedremo tra poco.


Ciao Massimo, che tipo di storia dobbiamo aspettarci di trovare tra le pagine del tuo libro?

Un giallo diverso dal solito, che strizza l’occhio al genere “thriller psicologico”; mi sono infatti allontanato dal format, piuttosto consueto e di norma atteso in un giallo, dell’investigatore che indaga su una serie di omicidi per scoprire alla fine il colpevole che è sempre la persona da cui l’autore nel corso della storia ha cercato di allontanare i sospetti. Niente di tutto questo. Qui ho disegnato un protagonista che non riesce a capacitarsi di quanto gli accade al punto addirittura da dubitare delle rappresentazioni che gli occhi gli sottopongono, della propria stessa tenuta mentale. Persone che svaniscono, soldi che pure scompaiono e il protagonista vacilla incredulo, ma davvero incredulo, perché quanto gli sta avvenendo gli è del tutto inspiegabile, incomprensibile e rasenta l’incubo, l’impossibilità; eppure gli accade! Badate bene: niente fantascienza, niente fughe verso l’inverosimile. Non si pensi a epiloghi del genere.


In che modo il tuo giallo si differenzia dai gialli tradizionali?

Come dicevo al punto precedente, chi si appresta a leggere un giallo si aspetta che ci sarà un primo omicidio, poi un secondo, in contesti magari stravaganti e si aspetta che ci siano un detective o un profiler pronti a seguire gli indizi e scoprire alla fine la verità che sarà ovviamente a sorpresa. Qui la sorpresa finale c’è, eccome, ma la trama non segue questo filo logico. Il lettore resta affascinato dalla parte centrale del racconto in cui si chiede sicuramente, mentre legge, “ma che diamine sta accadendo?” E non può fare a meno di proseguire, se non altro per la curiosità di quella originale situazione.


Descrivi “L’enigma dei giorni scomparsi” con tre parole (tre, non barare):

Ne basta una: disorientante.


Suggerisci un sottofondo musicale per accompagnare la lettura della tua opera (se vuoi puoi indicare anche una situazione ideale di lettura, tipo periodo della giornata, luogo, compagnia, ecc):

Nessun sottofondo musicale, il libro va letto di sera prima di andare a letto ma non a letto, da ben svegli: sono 470 pagine di intrecci che si fiancheggiano e inseguono, da leggere a 50-100 pagine alla volta. Non è certo un libro da tenere sul comodino e sfogliare prima di addormentarsi, si perderebbe continuamente il filo.


Da dove nasce la scelta di ambientare il tuo romanzo in America?

Non poteva che essere ambientato lì, il nostro immaginario corre a serie televisive in cui le grandi manovre sui soldi sono sempre ambientate a New York o Londra. Non ce l’ho fatta a “vederlo” a Milano. Aggiungo anche che per un breve periodo ho lavorato a New York, è un ambiente che ho conosciuto e che non ho quindi descritto via Google maps; le sensazioni e le emozioni che trasferisco nel libro sono le mie, quelle che provavo io girandomi intorno e osservando la vita di tutti i giorni, studiando, lavorando. Tuttavia il lettore non deve preoccuparsi di eventuali aspetti tecnici: il protagonista è un cinico uomo d’affari, uno speculatore, ma la finanza è solo un contorno, un’ambientazione, non va necessariamente capita e compresa quando se ne parla tra le pagine, non è il tema del libro. Il protagonista avrebbe ben potuto svolgere un’altra mansione.


Quanto hanno influito la tua formazione e il tuo attuale lavoro nella costruzione di “L’enigma dei giorni scomparsi”?

Molto. Come dicevo poc’anzi, non nella costruzione ma nell’ambientazione. La costruzione del giallo, della trama, nasce invece da molto lontano, da un’idea che mi “apparve” quando ero ragazzo, della quale non mi sono mai dimenticato e che all’epoca, passami il termine, ho giudicato “geniale”, l’intreccio di un film al cinema che avrei voluto vedere. A distanza di molto, molto tempo ho deciso di “scriverla” finalmente su carta, questa idea.


Hai qualche lato in comune con Daniel, il protagonista di “L’enigma dei giorni scomparsi”? E in che cosa, invece, siete decisamente diversi?

Siamo del tutto diversi. Daniel è cinico, egoista, maledetto; non ha costruito una famiglia, è sporco, sebbene non cattivo. Mi serviva un personaggio così, con tutta la sua sicurezza di sé, la sua protervia, la sua supponenza, per poterlo poi spiazzare, quasi umiliare, rendere indifeso, con tutto ciò che gli sarebbe accaduto dopo le prime cento pagine. Ha anche dei lati buoni, è protettivo, leale, non scende a compromessi. Io non potrei mai amare la luminosità della ribalta che lui pretende invece appieno.


Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?

Per lavoro ho sempre scritto tanto, discorsi, pubblicazioni tecniche, ma un romanzo mai. Cinque anni fa ho deciso che ero pronto per questa esperienza e l’idea dell’intreccio, come dicevo prima, già la custodivo da anni.


Che cos’è per te la scrittura?

Un passatempo. Sto lavorando su un secondo romanzo, stesso genere, stavolta ambientato a Milano.


Ho disegnato un protagonista che non riesce a capacitarsi di quanto gli accade al punto addirittura da dubitare delle rappresentazioni che gli occhi gli sottopongono, della propria stessa tenuta mentale. Persone che svaniscono, soldi che pure scompaiono e il protagonista vacilla incredulo, ma davvero incredulo, perché quanto gli sta avvenendo gli è del tutto inspiegabile, incomprensibile e rasenta l’incubo, l’impossibilità; eppure gli accade! Badate bene: niente fantascienza, niente fughe verso l’inverosimile.

Massimo Berti

Qual è la tua routine di scrittura, se ne hai una?

Cogliere il momento opportuno senza smettere, quando c’è l’ispirazione, quando la penna scorre veloce. Mi metto a scrivere quasi sempre dopo cena e, se “parto”, se mi sento creativo, fluido, non smetto fino a notte inoltrata. So perfettamente che in certi casi smettere e ricominciare il giorno dopo non sarebbe la stessa cosa.


Qual è, secondo te, il lettore ideale per “L’enigma dei giorni scomparsi”?

L’amante dei thriller che vuole rimanere col fiato sospeso durante tutta la lettura, ma senza pretendere ritmi aggressivi: è un libro strutturato, con tanta cura dei dettagli, che vanno letti e messi in file con pazienza, se no la trama sfugge. L’effetto sorpresa è assicurato intorno a pagina cento. La storia in quel punto vira all’improvviso e “prende” fino a pagina 470. Ma per arrivare a quella situazione, che lascia stupiti, le prime cento pagine vanno lette. Non puoi avere quel “dopo” senza quel necessario “prima”.


Quali sono per te gli ingredienti che un bel romanzo deve avere?

Premetto che leggo solo thriller. Il romanzo deve essere scorrevole nella lettura, non ti deve costringere a tornare continuamente indietro per rileggere parti che non hai compreso e che non riesci a inserire nella storia; infine deve avere un finale e un controfinale sorprendenti.


Qual è la parte più difficile per te nel tuo percorso di ideazione, struttura, scrittura e promozione dell’opera? Perché?

Hai citato questi quattro aspetti nel loro ordine di difficoltà, a mio avviso; dal più semplice (ideare) al più complicato (promuovere).


E la parte che reputi più stimolante e divertente?

Proprio la promozione, che è la parte più complicata, ma è anche la più divertente, è una componente essenziale dell’hobby; misurarmi coi risultati mi stimola. L’enigma dei giorni scomparsi è “fuori” da gennaio scorso (prima solo le consuete 200 copie ad amici e parenti), aveva già toccato quota 2.000 copie a fine marzo e non so dove chiuderà la sua vita di vendite, considerando che c’è da sfruttare ancora l’estate (le persone in vacanza leggono di più), qualche sconto qua e là e il prossimo Natale. Certo un successo inaspettato, però la fase di promozione è stata definita e seguita con cura e lo è ancora.


C’è un autore a cui ti ispiri? Perché?

Carrisi è il mostro sacro italiano che mi affascina. L’ultimo libro dei suoi che ho letto l’ho divorato in una notte. Perché? Perché propone intrecci originali, che si staccano dai canoni consueti, più abusati, a mio parere.


Quanto è importante, secondo te, la lettura di altri autori per migliorare la propria scrittura?

È importante, ma non decisiva. Puoi scrivere bene anche se leggi poco, perché il percorso culturale che hai alle spalle è adeguato, così come puoi scrivere da cane pur leggendo molto o frequentando corsi di scrittura. Certi suggerimenti di asseriti editor fanno impallidire.


Mi metto a scrivere quasi sempre dopo cena e, se “parto”, se mi sento creativo, fluido, non smetto fino a notte inoltrata. So perfettamente che in certi casi smettere e ricominciare il giorno dopo non sarebbe la stessa cosa.

Massimo Berti

Preferisci leggere autori già affermati o emergenti? Perché?

Considerando che non sono certo un lettore seriale, leggere gli emergenti mi incuriosisce di più: purtroppo c’è una montagna di pattume in giro, ma quando vedo un testo ben recensito su piattaforme online (intendo con molte recensioni, che non possono essere le solite venti-trenta dei parenti stretti) lo scarico. Ho letto un paio di cose scritte da eccellenti penne. Nulla da invidiare ai top.


Credi che la scrittura e la lettura possano cambiare il mondo? Se sì, in che modo?

Non so se la scrittura possa cambiare il mondo, ne dubito, oggi gli strumenti di informazione di massa che consentono cambiamenti di opinione repentini e spesso incomprensibili, abbondano e costano molta meno fatica dello scrivere. Certo, leggere aiuterebbe chi vuole creare una propria opinione a formarsela motivatamente potendo scegliere tra tanti pareri qualificati, anche contrastanti. Dunque leggere tanto non cambierà il mondo ma può rendere più solidi e meno strumentalizzabili. Ciononostante chi vuole manipolare gli altri, far cambiare loro il modo di vedere il mondo e che sa come fare, riuscirà nell’intento anche nei confronti di chi legge tanto.


Se tu dovessi indicare un’opera che hai letto e che ha cambiato il modo in cui vedi il mondo (intorno a te o dentro di te), quale indicheresti? Perché?

Nessuno scritto ha mai prodotto in me quest’impatto. Tuttavia credo di essere stato uno dei pochi al mondo che, da studente, è rimasto estasiato dalla  Divina Commedia del Sommo Poeta: non ha alimentato in me alcun cambiamento di visione ma mi ha fatto riflettere spesso, durante la lettura, su molti aspetti della vita, a guardarli in profondità, come da un adolescente non ti aspetteresti.


Dunque leggere tanto non cambierà il mondo ma può rendere più solidi e meno strumentalizzabili. Ciononostante chi vuole manipolare gli altri, far cambiare loro il modo di vedere il mondo e che sa come fare, riuscirà nell’intento anche nei confronti di chi legge tanto.

Massimo Berti

A cosa stai lavorando?

A tempo perso, per hobby, a un nuovo thriller. Chi ha letto e apprezzato il mio primo romanzo, L’enigma dei giorni scomparsi, non resterà deluso. Il finale è costruito su una serie di scene a sorpresa che mi hanno convinto di avere in mano una storia di buon livello da narrare. Sono ancora in fase di prima stesura, dunque dubito che prima del prossimo anno questo nuovo giallo vedrà la luce. Sono molto pignolo e curo tutti i dettagli, finché ne trovo da curare.



Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane autore che sogna di pubblicare il suo primo libro?

Beh non sono nella condizione di dare consigli, non ne avrei le competenze. Il consiglio che ho dato a me stesso è stato di essere certo di avere per le mani un buon prodotto, non mi è bastato che al riguardo mi rincuorassero i soliti amici benevoli e caritatevoli, ho preteso lettori in anteprima scafati e strutturati. Quindi non avrei mai pubblicato se non avessi avuto la certezza di aver prodotto un romanzo che potesse stare sulla scena, che potesse essere definito tale. Poi la storia può piacere come no, i gusti sono personali. Ma nessuno deve dubitare di aver acquistato un libro, un prodotto che senza dubbio possa essere definito professionale. Creato il prodotto, occorre farlo conoscere al mondo: quando hai per le mani Amazon, distributore a livello mondiale, e Facebook (i social, in generale), ossia il veicolo di qualunque promozione verso milioni di utenti, quello che ti serve è l’idea promozionale. L’errore che molti fanno, secondo me, è ritenere che la promozione si possa avere solo se hai una casa editrice che ti pubblica, ma quella, per gli emergenti, è solo il mezzo, l’idea promozionale devi averla tu.


L’errore che molti fanno, secondo me, è ritenere che la promozione si possa avere solo se hai una casa editrice che ti pubblica, ma quella, per gli emergenti, è solo il mezzo, l’idea promozionale devi averla tu.

Massimo Berti

Risposte secche:

  1. Casa editrice o self? SELF, ma con un prodotto ottimo e curato in ogni dettaglio.
  2. Giallo o nero? NERO
  3. Struttura a priori o in divenire? IN DIVENIRE
  4. Musica in sottofondo o silenzio? SILENZIO
  5. Prima persona o terza persona singolare? TERZA
  6. Libro cartaceo o digitale? ENTRAMBI
  7. Revisione a schermo o su carta? SCHERMO… ma con la carta sottomano.

Ringraziamo Massimo per averci tenuto compagnia!

Se le sue risposte vi hanno incuriosito, vi suggerisco di approfondire qui:



2 risposte a “E se fossero i giorni a scomparire? – Massimo Berti”

  1. […] sono stati Marco Venturi (giallo), Angela Colapinto (noir), Federica Baglivo (storico politico), Massimo Berti (giallo) e Vincenzo Ibba […]

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  2. […] Massimo Berti: ciao Serena. Hai davanti agli occhi l’estratto di un libro scritto da un autore famoso, diciamo una ventina di pagine consecutive scelte dalla parte centrale della storia, e un estratto, anche qui una ventina di pagine consecutive, di un altro libro scritto stavolta da un autore alla sua prima opera, chiamiamolo pure emergente, magari self publisher. Stesso genere. Ovviamente non hai letto prima nessuno dei due libri e non sai chi siano gli autori, sai solo che uno dei due è famoso. Da che riconosci, se pensi sia possibile, la mano, la penna, dell’uno o dell’altro? Grazie. […]

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