Viaggio nell’editoria indipendente tra mostri, progetti e storie.

Ogni nuova storia è la storia di tutti, non solo di pochi illuminati eletti che ne discutono dai salotti buoni.
La Piccola Volante
La prima volta in cui sono approdata sul sito di La Piccola Volante è stato per un gioco. Non per gioco, ma per un gioco. No, non è un gioco di parole. Avevo trovato un’iniziativa del loro laboratorio di scrittura: una storia da creare. La possibilità di scrivere, ma anche di leggere. Leggere e farsi leggere.
Di La Piccola Volante e del loro progetto “Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri” abbiamo parlato anche qui. Se non lo avete già fatto, potete supportarlo ed è importante farlo: sta a noi lettori per primi.
La Piccola Volante è una casa editrice indipendente e le sue opere sono davvero un gioiellino. Curiosi? Ecco qualche domanda a cui Emiliano e Michela, i capitani di La Piccola Volante, hanno risposto per noi.
Ciao Michela, ciao Emiliano. Ci raccontate com’è nata l’idea di fondare una casa editrice?
Per gioco. In un gioco. Un gioco di strategia militare on line. Un gruppo di sciagurati si sono incontrati in una campagna di gioco noiosa e per dar vita ai momenti più spenti si è inventato un comunicato giornaliero su delle previsioni meteorologiche che sfociavano in solenni boiate. Il Meteospam. Una produzione oltre i confini della dignità di una produzione letteraria o culturale, forse un insulto a riguardo, ma a un certo punto ci siamo resi conto che quell’abominio narrativo ci tornava indietro, dall’altra parte del server e da parte di giocatori di altre alleanze, con un pezzetto nuovo aggiunto: le persone giocavano a leggere e scrivere. Senza una grande consapevolezza, senza accorgersi che per giocare stavano leggendo e scrivendo storie. Addirittura quando lo abbiamo fatto notare in tanti ci rispondevano “che dici? Chi sono io per scrivere?” . Lì è nato tutto. La nostra consapevolezza che il settore avesse trasformato il leggere in una cosa importante e per pochi, il raccontare ancora di più, estromettendo consapevolmente la stragrande maggioranza delle persone. Questo è quello che succede ogni giorno: “E chi sono io per leggere o per scrivere?”. Lì son nati i pirati de LaPiccolaVolante. Contro ogni forma di settarietà, di filtro, cernita, autodeperimento, avvizzimento sociale e culturale, appannaggio di pochi fotogenici autori e editori, a discapito della stragrande maggioranza: le persone. Leggere è un gioco. Leggere non è importante, è un piacere che ci migliora ogni riga e deve essere alla portata di tutti. Di chi è esperto, di chi inizia. Per il piacere di una storia. Perché, se ci pensate, la cosa peggiore che possa accadere a un Paese è avere le librerie con i pavimenti lindi, splendenti. Il pavimento di una libreria dovrebbe essere costellato di impronte di scarponi da lavoro. Perché un popolo sano è un popolo che si gode una storia in pausa pranzo, mentre pascola il bestiame, dopo aver smontato l’impalcatura. Il nostro non lo è, ma possiamo cambiarlo, insieme.

In che cosa, teoricamente e concretamente, è diversa una casa editrice indipendente da una che non lo è?
La differenza fondamentale sta proprio in quello da cui dipendi e da quello per cui ti batti. Una realtà indipendente si batte perché il settore sviluppi un meccanismo di sostenimento proprio, libero, basato sulla produzione, sull’uso e sulla distribuzione del prodotto. Racconta, produce storie, commercia storie e tratta le loro trasposizioni in altri linguaggi, lavorando per sé, per gli autori e per i lettori. Cosa comporta questo? Costruire un’utenza, costruire un’abitudine alla lettura, educare a quel piacere. Comporta l’onestà di presentarsi per le dimensioni che si hanno: Si ha poco si produce poco, si ha di più, si produce di più, senza imbarazzo di ammetterlo.
Non mi ricordo l’ultima volta che il settore ha provato a educare alla lettura come un piacere, un piacevole bisogno. Ho solo memorie di biasimi, delle volte veri e propri insulti, contro chi non legge. Oggi, devo ammettere, neanche più quello. Perché? Perché il settore ha perso esigenza di quel meccanismo. Il settore non ha bisogno di educare, espandere l’abitudine, acquisire nuovi lettori. Non dipende più dalla sua utenza. O meglio, non da quella reale. Dipende dal contatore di followers. L’asticella che misura la tua presenza sui social network, dentro i talk show, non certo da quanto la storia che hai raccontato è valsa il piacere di leggerla. E se le vendite sono quelle che sono in questo Paese (basse) rispetto a una sproporzionatamente alta produzione di carta, allora la sopravvivenza del settore non è vincolata alla distribuzione. È probabile che il meccanismo si sia oramai adattato a vivere di finanziamento pubblico e non di vera distribuzione? Di reale produzione e reale abitudine alla lettura? Per noi è plausibile. E se il meccanismo finanziatore morisse? Se il trogolo si svuotasse? I tempi e le evoluzioni storiche moderne non concedono molta fiducia sul futuro. Cosa succederebbe? A noi non cambierebbe nulla, noi produciamo quello che ciò che vendiamo ci permette di produrre. Ciò che produciamo è frutto di ciò che abbiamo prodotto. Poco? Sì, siamo piccoli, dipendiamo da quanto riusciremo a crescere, non da quanto riusciremo a prendere senza dare niente in cambio. Dipendiamo da quanto impareremo a raccontare, a innamorare dei nostri eroi e delle loro avventure. Non certo da quanto saremo famosi sui social. Per noi tutto dipenderà da quanto Fryg Blue e Olloc Blue piaceranno alla gente, da quanto Fiaba il Mago riuscirà a affascinarla, da quanto desidereranno vedere uno stachel volare. Noi dipendiamo da come si sposterà la chiacchiera sul tavolino di un bar, non dall’amministrazione politica di turno. Qui sta la differenza tra editoria indipendente e chi la millanta: la risorsa. La nostra sono le persone, anche quelle che non hanno l’abitudine alla lettura (ancora). Possiamo scegliere la strada, la sagra, la festa o il tavolino del bar, perché lì stanno le persone e tutte con diritto di attenzione. Per troppi nel settore la risorsa è un canale scorrevole verso un trogolo a perdere. E dubitiamo fortemente che questo infici sulla propria, indipendente esistenza come realtà di settore.
Se ci pensate, la cosa peggiore che possa accadere a un Paese è avere le librerie con i pavimenti lindi, splendenti. Il pavimento di una libreria dovrebbe essere costellato di impronte di scarponi da lavoro. Perché un popolo sano è un popolo che si gode una storia in pausa pranzo, mentre pascola il bestiame, dopo aver smontato l’impalcatura. Il nostro non lo è, ma possiamo cambiarlo, insieme.
La Piccola Volante

Avete un modo particolare per selezionare storie per il vostro catalogo. Storie, appunto, non titoli, manoscritti, autori. Potete spiegarlo a chi non lo conosce?
LaPiccolaVolante nasce come esperimento di scrittura collettiva, come diceva Emiliano nella prima risposta, e abbiamo cercato di mantenere questo spirito quando abbiamo creato il nostro progetto editoriale. L’Arena LPV all’indirizzo www.lapiccolavolante.com è infatti un laboratorio di scrittura, in cui lanciamo periodicamente dei giochi di scrittura tematici, con dei regolamenti che hanno molte affinità con i giochi di ruolo: uno dei giochi ricorrenti, Jeremia DeepBottom Steampton, ha un vero e proprio diabolico Master che decide le sorti dei personaggi con cui si presentano i giocatori, e proprio dal mercato di Jeremia è nato uno dei nostri libri (Springlynn & Dads Baubles, di Marco Viggi).
I tuoi lettori si staranno chiedendo, in che senso, dal gioco è nato il libro? Perché i nostri giochi di scrittura, oltre a essere un allenamento e un confronto fra scrittori e lettori, hanno un obiettivo. Se uno dei soggetti o uno dei racconti brevi che partecipa all’Arena ci piace particolarmente, chiediamo a chi lo ha scritto di espanderlo, fino a quando Bada Bada Boom, la storia breve, la scintilla e l’intuizione iniziali si trasformano in una storia più lunga e (speriamo) avvincente da leggere. Andando a ritroso, per fare un altro po’ di esempi, la saga in cinque libri (più due spin off a fumetti) I Signori delle Balene, è nata da un gioco in cui si doveva semplicemente osservare una illustrazione e da questa creare una storia, oppure L’Attesa nasce da un gioco in cui i partecipanti dovevano rapire un personaggio letterario e portalo in un ambiente differente. In questo caso, la Penelope dell’Odissea è finita niente poco di meno che in un nosocomio… Cerchiamo insomma di portare la scrittura, la lettura e l’editoria verso strade creative diverse, più sinergiche, perché cominciano già da principio con un’interazione fra chi scrive e chi legge, sul laboratorio/arena.
Una chicca per i nostri lettori: il bando del primo gioco di La Piccola Volante. Correva l’anno 2010.
Qui sta la differenza tra editoria indipendente e chi la millanta: la risorsa. La nostra sono le persone, anche quelle che non hanno l’abitudine alla lettura (ancora).
La Piccola Volante
Domanda non disinteressata: a quando il prossimo gioco? Avete già in mente qualcosa?
Non ancora in realtà, o meglio, ci sono sempre diverse idee che frullano nelle nostre testoline un po’ matte, ma pensiamo che gli spoiler siano fra le peggiori ferite si possano infliggere a un uomo o a una donna, dunque vi lasceremo la curiosità di scoprire quale sarà il prossimo gioco solo quando lo lanceremo online. A parte questo, l’estate è un periodo un po’ smortino per la creatività, saranno le alte temperature, o la voglia di vacanza e di recuperare un po’ di letture arretrate che si impossessano delle persone, e in particolare della nostra ciurma, ma solitamente d’estate sospendiamo i nuovi giochi per poi ricominciare a settembre.
[Nota di redazione: nel momento in cui l’intervista viene pubblicata, in realtà è attivo un nuovo interessantissimo gioco che trovate qui]

I nostri giochi di scrittura, oltre a essere un allenamento e un confronto fra scrittori e lettori, hanno un obiettivo. Se uno dei soggetti o uno dei racconti brevi che partecipa all’Arena ci piace particolarmente, chiediamo a chi lo ha scritto di espanderlo, fino a quando Bada Bada Boom, la storia breve, la scintilla e l’intuizione iniziali si trasformano in una storia più lunga e (speriamo) avvincente da leggere.
La Piccola Volante
Il laboratorio, la lettura incrociata, la condivisione di pensieri e di suggerimenti, ma anche di emozioni. Quanto è importante per voi creare una vera comunità intorno a La Piccola Volante?
Non è importante e basta, è la ragione per cui abbiamo intrapreso oltre dieci anni fa questo pazzo progetto. Dunque in una scala di importanza, è decisamente il primo punto, l’ago della bussola.

Nei vostri volumi, davvero molto curati, si fondono parole e immagini. È bello vedere come questi due universi riescano a completarsi e a creare una dimensione narrativa ancora più avvolgente. So anche che alcune delle vostre storie sono state riadattate e rappresentate in teatro. Quanto è importante per voi la contaminazione tra linguaggi e arti diverse?
Anche qui, la contaminazione è fondamentale per crescere. Crediamo che per arrivare a quante più persone possibili la via sia il cross over, l’incrocio creativo, la trasposizione delle storie in diversi linguaggi. Per ora, abbiamo incrociato il mondo del teatro e del fumetto, ma puntiamo ad arrivare in ogni casa; nella nostra società sempre più incanalata verso l’immagine, sarebbe davvero grandioso riuscire a portare i nostri libri non solo a teatro, ma arrivare anche all’home entertainment e alla serializzazione delle nostre storie. Se proprio contaminazione deve essere, preferiamo pensare in grande!

Fermiamoci un attimo. Vorrei approfondire con voi il progetto “Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri”. Quando e come è nata l’idea di questa trilogia?
C’era un concorso, uno di quei concorsi a tema sociale, mi pare. Non mi ricordo precisamente, ma Michela mi passò questo link in cui il solito giro di esperti elucubrava sul problema della “generazione digitale”. Sul problema… Della generazione… Vabbè! Comunque, il contest prevedeva la presentazione di una storia illustrata in quattro tavole che… sensibilizzasse… vabbè… che sensibilizzasse verso questa malattia generazionale, il contatto perduto col mondo reale, l’abitudine alle cose che si toccano e non si digitano, insomma, quelle menate proprie di chi è esperto di problemi ma non delle loro origini, giusto? E all’inizio ho provato a stare al passo dei meccanismi agonistici letterari, a comportarmi con una certa pretenziosa fiducia di fare mio quel premio. Un tentativo durato precisamente un giorno e qualche sputacchio di ore, poi poi per tre quarti me le son proprio rotte!
Per prima ha ceduto la diga emotiva: “Davvero sto assecondando un meccanismo che mi fa cacare, su un argomento da sede giudiziaria, incollando arbitrariamente al banco degli imputati una intera generazione, che, siamo onesti, ma per davvero, ha il merito di aver trovato di che vivere, sopravvivere e occuparsi da sola, mentre il tonnellaggio generazionale precedente non gli ha offerto niente, sbattendosene altamente mentre postava sui social il nuovo tatuaggio o l’attestato di prova costume superata a quarantanni?”. Così nascono le storie, almeno la maggior parte delle mie. Quando la stupida paraculaggine del benpensante incrocia gli oceani delle responsabilità e le riversa a secchiate sulla vittima. E mi son chiesto, sul serio, e vi chiedo con questo progetto, questa storia, questi due imbecilli di personaggi, di porvi il seguente dubbio: Avete mai avuto, realmente, davvero, sinceramente, avuto a che fare con i bambini o i ragazzi? Avete sul serio dedicato uno sguardo attento alle generazioni precedenti ai “millennial”? Ma CI siamo visti? Ma Ci rendiamo conto di ciò che siamo? Davvero siamo convinti che se andassero a farsi benedire tutte le strutture sociali sospese nell’etere del web, del social, quelli che ne uscirebbero più devastati sarebbero i… bambini? Ma siete seri? Ecco come ha preso fuoco il motore della storia “Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri”. Per il bisogno di suggerire, provare almeno: Fermatevi e guardate cosa siamo diventati. Altro che problema della generazione digitale! Per seconda istanza, la parte strutturale, le esigenze narrative hanno fatto il resto: in quattro tavole cosa diamine vuoi raccontare? Ci stanno appena quattro insulti, e manca lo spazio per spiegarti il perché degli insulti!

Ci raccontate un aneddoto su questo progetto?
Oh, un aneddoto… Non so. Mi viene in mente solo il numero di discussioni, pure accese, sul fatto che il protagonista bambino, per tutti, sia io. Discussioni davvero serie: “Sei tu! Te lo dico io!”, “Ma l’ho scritto io, lo saprò io che non sono io!”, “Lo so io!” … insomma scambi surreali che mettono in evidenza la depravata deviazione del lettore moderno: il bisogno di qualcosa di vero, reale di cui leggere. Non una storia. Mica no, eh! Il Sedicente Lettore Moderno, ragazzi, ha bisogno di menarsela sulla vita privata di chi scrive, in qualsiasi maniera, per qualsiasi tangente. Se non riesce a guardarti oltre l’intimo da bancarella ne ha delusione. Da questo punto di vista non invidio uno come Zero Calcare, che ho paura sia condannato a portare tutti nella sua vita per proseguire. Per capacità e soldi, invece lo invidio eccome, con tantissima stima, lo invidio!
Che cosa dobbiamo aspettarci di trovare nel primo volume?
La verità sulle creature orribili che siamo. Divertenti senza dubbio, ma orribili!
Avete attivato una campagna di crowdfunding per la realizzazione del vostro progetto. Da dove nasce questa scelta?
Ci abbiamo pensato non tanto, di più, prima di fare questo passo. Non siamo troppo abituati a chiedere, abbiamo sempre pensato di poter andare avanti con le nostre forze. Riutilizzando gli investimenti per portare avanti le nuove pubblicazioni, i nuovi progetti. Facendo cassa con i laboratori in presenza, le vendite dei libri per poter programmare nuovi libri, nuove fiere e nuovi laboratori. Con l’arrivo dello stallo dovuto alla Pandemia, questo meccanismo si è inceppato. Gli ingranaggi, già fragili in una piccola casa editrice indipendente come la nostra, hanno smesso di girare alla velocità utile per sostentare il nostro meccanismo di sussistenza. A questo punto, ci si sono parate davanti due scelte. Rinunciare al progetto, come purtroppo è accaduto ad altre case editrici, anche valide, che nel tempo abbiamo iniziato a conoscere, oppure sventolare dalla nave non la bandiera bianca di resa ma un SOS per chi in questi anni ha apprezzato e supportato il nostro lavoro. Per poter continuare abbiamo bisogno di una spinta, di un motore umano e comunitario… Per questo abbiamo pensato al crowdfunding, che non significa solo un supporto fine a se stesso, significa credere nel progetto e diventarne parte, con un crowdfunding su Produzioni dal Basso che consente di scegliere delle ricompense, fra le quali una copia del fumetto non appena andrà in stampa, una sorta di promessa fra noi e il lettore, un modo per far capire alle persone che sono proprio loro il nostro vento sulla vela. In questi primi giorni di lancio, il crowdfunding sta andando bene, per questo non smetteremo mai di ringraziare chi già ha contribuito e chi contribuirà alla realizzazione del nostro progetto Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri, e al nostro viaggio sulla rotta delle storie.
Crowdfunding […] non significa solo un supporto fine a se stesso, significa credere nel progetto e diventarne parte, con un crowdfunding su Produzioni dal Basso che consente di scegliere delle ricompense, fra le quali una copia del fumetto non appena andrà in stampa, una sorta di promessa fra noi e il lettore, un modo per far capire alle persone che sono proprio loro il nostro vento sulla vela.
La Piccola Volante
Michela, Emiliano, aiutateci a capire perché è importante che i lettori diano il loro contributo a questo progetto.
Forse ancor più che per l’obiettivo finale, quindi il poter stampare e distribuire il fumetto, è importante per passare il messaggio per noi fondamentale che l’editoria, o la cultura in generale, non ha bisogno di politica, nel senso più ristretto del termine, quindi di rapporti stretti con enti pubblici, ringraziamenti “doverosi” ma al tempo stesso stucchevoli (magari scritti in un post it, a persone che magari neppure si sono degnate di venire a vedere il tuo evento ma guai a dimenticarle nei saluti) ma di persone, di lettori, di una comunità che “dal basso” navighi a vista insieme a noi editori e capisca che ogni progetto, ogni nuova storia è la storia di tutti, non solo di pochi illuminati eletti che ne discutono dai salotti buoni.
Come funziona la campagna? Ci sono importi minimi e massimi? Ci sono ricompense? Che cosa prevedono?
La campagna di crowdfunding è ospitata sul sito produzionidalbasso.com a questo link: https://sostieni.link/31442. Non c’è un importo minimo in quanto è possibile fare una donazione libera a supporto del progetto, ma donando almeno EUR 18 attraverso il sistema di “Ricompense” ben indicato nell’area “Sostieni il Progetto” è possibile prenotare il fumetto e riceverlo direttamente a casa personalizzato con uno sketch illustrato dell’autore.
Una campagna fondata sul sostegno e sulla trasparenza. Quanto sono importanti per voi, l’anima di La Piccola Volante, questi due valori?
Se non abbiamo mai chiesto un finanziamento pubblico, è proprio perché siamo convinti che il settore editoriale deve sopravvivere grazie a una comunità di lettori e persone interessate a far parte della nostra ciurma, a cui ora stiamo chiedendo una mano tesa, un supporto che va oltre il like di Facebook e il cuoricino di Instagram per proseguire la rotta.
Descrivete in tre parole il progetto “Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri”.
Una assurda verità di scemi totali.
Potete anticiparci qualcosa su ciò a cui state lavorando e sui vostri progetti futuri?
Al secondo volume della trilogia “Aspettavo Peter Pan invece arrivarono i mostri”. Iniziato e in sospeso. Delle volte sai, hai bisogno di vedere interesse intorno a un progetto per proseguire nei lavori. Se raggiungeremo la quota di stampo, almeno, ripartiremo a scrivere e disegnare. Di pronto abbiamo già il volume “Bambini e Barboni” di Dario Pezzotti, e il “Libro 2” del Gemini II di Davide Grillo.
Pronti per la stampa, ma le casse sono quello che sono ora e dobbiamo attendere.
In sospeso ci sono le sceneggiature degli altri tre spin-off a fumetti de “I signori delle Balene”. Ma anche in questo caso non ce la sentiamo di mettere a lavoro i disegnatori senza la sicurezza di poterli pagare, di garantire loro l’uscita dell’opera. È triste, è sconfortante, veramente, ma non possiamo fare altro che assumere un atteggiamento rispettoso e onesto con chi lavora con noi: il loro tempo e il loro lavoro è la cosa più sacra che ci sia, per noi e se non possiamo rendere niente in cambio noi non li attiviamo a priori.
Grazie a Michela ed Emiliano per aver risposto in modo sincero, come veri pirati che navigano verso nuove avventure, anche quando il mare si prepara alla tempesta. La stella polare risplende, il sestante tra le mani. Il timone scivola e la ciurma è ai propri posti. E voi che cosa state aspettando a salire a bordo?
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