Drepanum e vele – Alessia Piemonte

Intervista all’autrice di “Drepanum. La falce insanguinata” e “Il mio viaggio tra le vele”, Alessia Piemonte

Se dovesse presentarsi da sola, lo farebbe con questa citazione:

Sii sempre la versione migliore di te stesso e non la brutta copia di qualcun altro. (Judy Garland)

Si definisce originale, ma soprattutto leale con me stessa, e orgogliosamente meridionale. Sicilia (Isola di Favignana), Campania (Napoli). In più lontane origini spagnole e francesi, e discendenze nobiliari.

E ancora: con un cuore di Peter Pan, scanzonata con la testa incasinata alla pari di un’adolescente, e tutto ciò racchiuso in un’anima da gitana circense, e che vuole solcare i mari, “una cicatrice trasparente nel mio sangue, come pirati”.

Ha all’attivo molte pubblicazioni, ma oggi ci concentreremo soprattutto sul suo ultimo romanzo “Drepanum. La falce insanguinata” e su un libro a cui è particolarmente legata, “Il mio viaggio tra le vele“.


Ciao Alessia, mentre preparavo questa intervista ho scoperto che in realtà ti dedichi all’arte nelle sue più varie forme: danza, teatro, fotografia, narrativa, poesia. Che cosa e come riesci a esprimere con ognuna di loro?

Non esiste una regola precisa, perché sono alla continua ricerca della mia identità in quelle forme poliedriche che sono come tanti pezzi di un puzzle da comporre, e avere così un linguaggio proprio, per essere sempre più travolgente e innovativa, e mai conforme o sottomessa all’etica. E, inoltre, non voglio gelosamente custodire i miei tesori, ma elargirgli con gentilezza.



Soffermiamoci sulla narrativa, in particolare sul tuo ultimo romanzo, “Drepanum. La falce insanguinata”. Come suggerisce il titolo, è ambientata a Trapani. Quanto è importante l’ambientazione in questo luogo per la storia?

Molto. Perché prima della stesura, ho eseguito un tour nella città, affinché i lettori potessero viaggiare nelle pagine, come se fosse una gita, ma dalle tinte noir.


La copertina del libro richiama sia il sangue del sottotitolo e degli omicidi, sia Mano Niura, lo spietato killer che semina il panico in città. Ci racconti come è stata scelta questa immagine?

Se ti riferisci alla copertina, è stata una scelta ponderata dalla casa editrice “Dark Abyss”. Se, invece, è inerente al killer… è stato tutto d’istinto. Di solito, i villain delle mie storie nascono durante la stesura, anche se inizialmente sono acerbi, perché devo non solo trovare una connotazione precisa, ma anche innestare tutti i collegamenti, per strutturare l’ossatura del killer e indirizzare al lettore la loro meticolosità crudele nel compiere i crimini, che trapelano un messaggio, anche perfino nelle minuzie. E poi, i miei villain sono persone che precipitano nel vortice della loro esistenza logorata, buia, e piena dello squilibrio di lacrime stropicciando l’anima, e … non gli piace essere formali. La loro eccentricità, come A Mano Niura, ha come un costante bisogno di evidenza con dei propositi di lasciare un segno anche ai posteri.


La Trapani che racconti nel tuo romanzo è una città in cui il torbido della malavita si mescola al colore che talvolta assume il mare. Mi sembra di aver intuito che il mare sia stato un elemento molto importante per la nascita di “Drepanum. La falce insanguinata”. Ci spieghi perché?

Perché nel mare, noi troviamo la nostra panacea: un propellente per conciliarsi con il mondo e con sé stessi, quando scivoliamo nella china della disperazione. Ostinati, togliamo tutto il marcio, nonostante il cuore triste, occhi lucidi e mente consumata. Ma ci puliamo di tutti gli strati prendendo così una svolta inattesa, placando i nostri ruggiti interiori. 


Che sfumatura di giallo dobbiamo aspettarci di trovare in questo ultimo libro?

Sfumature polivalenti. Quindi, sarà un giallo: meridionale, carnale, passionale, lucido, fervido, profondo, scanzonato, sensibile, beffardo, poetico, introspettivo, semplice, condito con una dose di sarcasmo pungente, e tinteggiato dalla vernice cupa, tenebrosa, lugubre.


Che tipo di investigatore è Baldarotta?

Uno scassa cabbassisi, ma sa essere anche molto ligio al dovere, severo e affettuoso con i suoi uomini e figlio. Quindi, un agrodolce.


Scorrendo le classifiche sembra che il genere di cui ti occupi, il giallo, proprio come quello di cui mi occupo principalmente io (il fantastico) siano spesso predominati dall’universo maschile. Ci sono davvero più penne maschili che femminili nel mondo del mistero? Pensi che siano due tipi di penna diversi?

Uhm, onestamente, vedo una giusta parità. Anche se, secondo mio gusto soggettivo, escludendo qualche autrice del mistero come Agatha Christie, il resto scritto da donne mi sembra troppo edulcorato, glamour e irto di inciuci, alla pari dei salotti blasé. E quindi non combacia con i miei ideali.


Hai mai pensato, vista la domanda precedente, di usare uno pseudonimo maschile per firmare i tuoi libri? Perché?

Si, ma solo per gioco e scoprire l’effetto che avrei causato. Nient’altro.



Un altro libro che mi ha colpita molto è senz’altro “Il mio viaggio tra le vele”, ambientato tra gli ormai tristemente celebri palazzi di Scampia. Nonostante il genere thriller fantasy, forte è lo sfondo di degrado morale e sociale in cui si muovono i vari personaggi. Che cosa ti ha spinto a scrivere questo libro? E che emozioni hai provato?

È nata dopo che ho visto per caso su YouTube il videoclip di Clementino “Pianoforte a vela”. Essendo metà napoletana, ho voluto con questo libro non solo denunciare i soprusi, a volte leziosi, della Camorra, ma anche per dare uno schiaffo morale a chi crede che Napoli sia solo una città che orbita negli stereotipi, e quindi aprire anche uno spiraglio di speranza e togliere quei chiodi fissi di sofferenza nel cuore. E le emozioni, durante la lavorazione, sono state dolorose, folli, empatiche, ma al tempo stesso catartiche.


In “Il mio viaggio tra le vele” si parla anche di speranza: la speranza del cambiamento. Che rapporto hai tu, Alessia, con i cambiamenti?

Sono una persona molto ansiosa, sensibile, emotiva, quindi i cambiamenti possono anche rilevarsi devastanti, al punto che mi assento dal mondo, con la testa affollata di patemi e sguardo allucinato.
Ma quando sondo con calma il terreno, riesco a recuperare la mia forza di volontà, e mentale, e dominare così la situazione con tenacia e coraggio.


Andando oltre queste due pubblicazioni, che tipo di storia dobbiamo aspettarci di trovare tra le pagine dei tuoi libri?

Storie lunghe e intricate, che ti fanno perdere la cognizione del tempo, per la mia ricca e sterminata fantasia. Storie dal fascino inaudito, irriverente, blasfemo, urtante, peccaminoso e un po’ outsider. Storie che hanno infranto tutti i protocolli e patteggiano con passione sincera, disarmante, commuovente. Storie screziate di poesie, pensieri, frasi, come se fossero scritti su qualsiasi superficie che ti capita sottomano.


Descrivi ogni tua opera con tre parole (tre, non barare):

“Drepanum. La falce insanguinata”:  Beffardo. Passionale. Cruento.

“Il mio viaggio tra le vele”: Rivalsa. Sofferenza. Innocenza.


Suggerisci un sottofondo musicale per accompagnare la lettura delle tue opere (se vuoi puoi indicare anche una situazione ideale di lettura, tipo periodo della giornata, luogo, compagnia, ecc):

Di solito quando leggo, esigo il rigoroso silenzio, anche la musica classica e leggera mi distoglie. Però, posso consigliare le colonne sonore che ho scelto per le mie due opere.

“Drepanum. La falce insanguinata”: “Shadow of the day”, Linkin Park

“Il mio viaggio tra le vele”: “Pianoforte a vela”, Clementino


Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?

Cominciai a scrivere all’età di otto anni, quando mi ammalai di polmonite, e piuttosto che poltrire in attesa della guarigione, mi sono lanciata nel comporre delle poesie, anche se avevano quella foggia infantile, tranne una dove avevo incorniciato in quelle righe immacolate la mia emarginazione. Tuttavia, con quell’avvisaglia volitiva, ero stata travolta da quella tempesta creativa, anche se non sapevo ancora decifrare bene quelle emozioni, ma ero certa che provai un benessere catartico nello sfogare quella frenesia, dato che sono molto timida, e da piccola ho sofferto lievemente di balbuzie.


Che cos’è per te la scrittura?

L’unico canale per raccontare storie, mai lineari e ripetitive, ben nascoste nei labirinti mentali, trovando delle porte chiuse che immettono a delle realtà parallele, pittoresche, controverse come un teatro dell’assurdo, contravvenendo alla legge del buon senso. Inoltre, la scrittura, è anche un espediente per emergere dall’oblio in cui mi ero confinata.


I miei villain sono persone che precipitano nel vortice della loro esistenza logorata, buia, e piena dello squilibrio di lacrime stropicciando l’anima, e … non gli piace essere formali. La loro eccentricità, come A Mano Niura, ha come un costante bisogno di evidenza con dei propositi di lasciare un segno anche ai posteri.

Alessia Piemonte

Qual è la tua routine di scrittura, se ne hai una?

Uhm, non ho una routine precise. Sono imprevedibile. Oggi scrivo poco e con molto indolenza, ma l’indomani potrebbe succedere che mi fiondo sulla scrittura fino a sentire la schiena urlare di dolore, mentre gli occhi lacrimano dalla stanchezza e stress, e la testa è in tilt dopo aver lambiccato troppo.


Quali sono per te gli ingredienti che un bel romanzo deve avere?

Colorato, illegale, sgretolato, insolente, dualista, pertinace, umile, leggero, intenso.


Alessia, sei nata giallista o ci sei diventata?

Credo di avere avuto la predisposizione, o sarà perché sono cresciuta con contenuti del genere giallo, grazie a mio padre. Ma, comunque, mi ha subito affascinato andare oltre la coltre delle apparenze, per reggere i disagi e sfidare i malvagi.


Quanto sono importanti, secondo te, i tradizionali meccanismi di costruzione del giallo nella stesura di un romanzo di questo genere?

Molto, soprattutto nella perizia investigativa, per non tralasciare nessun dettaglio, anche quello più intellegibile.


Qual è la parte più difficile per te nel tuo percorso di ideazione, struttura, scrittura e promozione dell’opera? Perché?

La promozione, perché, essendo che le mie opere non sono conformi all’etica, è più difficile trovare persone che amano scoprire una nuova realtà, senza tanti pregiudizi.


E la parte che reputi più stimolante e divertente?

Ovviamente la stesura nel testo, soprattutto nelle parti più esilaranti, come le schermaglie, oppure le scene un po’ piccanti.


C’è un autore a cui ti ispiri? Perché?

Più di uno. Andrea Camilleri, Donato Carrisi, Antonio Manzini, Robert Louis Stevenson, Artur Conan Doyle, Edgar Allan Poe, Charles Bukowski. E, nell’ultimo periodo, sono in fase di rodaggio, Alda Merini e Wulf Dorn. Autori, che mi hanno insegnato, educato, rinfrancato, anche mollato qualche ceffone per ravvisarmi, ma soprattutto, spettinato. Anche nelle scene torbide, lugubri, caliginose, non c’è disamore, ma un tumulto di emozioni che scavano nell’anima, come uno stillicidio. E, inoltre, hanno sorriso con insolenza ai canoni.


Quanto è importante, secondo te, la lettura di altri autori per migliorare la propria scrittura?

Molto. Anzi, potresti smentire, rettificare, perfezionare o appurare, il tuo percorso artistico. 


[La scrittura per me è] L’unico canale per raccontare storie, mai lineari e ripetitive, ben nascoste nei labirinti mentali, trovando delle porte chiuse che immettono a delle realtà parallele, pittoresche, controverse come un teatro dell’assurdo, contravvenendo alla legge del buon senso. Inoltre, la scrittura, è anche un espediente per emergere dall’oblio in cui mi ero confinata.

Alessia Piemonte

Preferisci leggere autori già affermati o emergenti? Perché?

Non faccio nessuna discriminazione. Anche chi non ha una vasta cultura o un registro di comunicazione aulico ha sempre qualcosa da raccontare.


Credi che la scrittura e la lettura possano cambiare il mondo? Se sì, in che modo?

Uhm, ho qualche dubbio. Più che altro perché nell’ultimo periodo, sto riscontrando molto trash nell’ambito, e vengono pubblicati libri di persone che fino a poco tempo prima disprezzavano quest’arte nobile, e non avevano sfiorato la copertina. Oppure, si aggrappano a storie carenti di enfasi e che puzzano di ordinario o omologazione.

E poi, c’è troppo esibizionismo speso in lungaggini di come trovare un modo per ostentare il proprio ego. Quindi, io penso che la scrittura e lettura possono cambiare il mondo, solo se c’è umiltà.


Se tu dovessi indicare un’opera che hai letto e che ha cambiato il modo in cui vedi il mondo (intorno a te o dentro di te), quale indicheresti? Perché?

Da adolescente, “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson. Ha accarezzato la mia anima anarchica, che vuole respirare libertà. Nel nome di uno sballo che odora di mare.  E poi, tutti i romanzi di Camilleri, per il suo stile sofisticato, intricato, folcloristico e farsesco, nonché il motore di molte mie storie.


Che tipo di opere ti piace leggere? Che genere o che stile devono avere? Devono affrontare particolari temi? Raccontaci cosa cerchi come lettore.

Leggo tutto, anche i fumetti di Topolino e manga, ma il punto debole sono le storie del genere giallo, thriller, noir, e un po’ horror. A me interessa trovare nelle storie le stesse emozioni che provo quando scrivo, e cioè l’euforia, che mi fa sentire libera, viva, come se i miei polmoni fossero pizzicati da un accenno di brina.


Anche nelle scene torbide, lugubri, caliginose, non c’è disamore, ma un tumulto di emozioni che scavano nell’anima, come uno stillicidio. E, inoltre, hanno sorriso con insolenza ai canoni.

Alessia Piemonte

A cosa stai lavorando?

Ho molti progetti in cantiere.



E che cosa puoi anticiparci sui tuoi progetti futuri?

Per scaramanzia, preferisco non svelare.


A me interessa trovare nelle storie le stesse emozioni che provo quando scrivo, e cioè l’euforia, che mi fa sentire libera, viva, come se i miei polmoni fossero pizzicati da un accenno di brina.

Alessia Piemonte

Oltre alla scrittura e alla lettura, hai altre passioni? Che cosa ci racconti a riguardo?

Sono stata ballerina di Hip Hop per tre anni. Poi, ho la passione per la fotografia, pittura, doppiaggio, teatro neorealista.


Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane autore che sogna di pubblicare il suo primo libro?

Schiettamente, “Futtitinne” delle critiche. E te lo dice una che spesso dà peso alle parole degli altri. Non ne vale la pena. Hai una storia? Racconta! Il tuo stile è così? Non lo cambiare, a limite perfezionare per una tua metamorfosi. Quindi, essere sé stessi. Punto.


Hai la possibilità di inviare nello spazio una sola opera (che sia una poesia, un racconto, un romanzo) di un autore più o meno conosciuto. L’autore puoi essere anche tu. In questa opera dovrebbe essere raccolto il tuo messaggio a memoria futura. Quale opera scegli e perché?

Non saprei, e tanto meno voglio influenzare con le mie scelte. Potrei solo consigliare di prendere l’opera che gli/le ha salvato la vita.


Risposte secche:

  1. Casa editrice o self? CASA EDITRICE
  2. Giallo o nero? Entrambi
  3. Struttura a priori o in divenire? IN DIVENIRE
  4. Musica in sottofondo o silenzio? SILENZIO
  5. Prima persona o terza persona singolare? Entrambe
  6. Libro cartaceo o digitale? CARTACEO
  7. Revisione a schermo o su carta? Dipende

Ringraziamo Alessia per aver parlato con noi di giallo e dei suoi libri.

Se le sue risposte vi hanno incuriosito, potete approfondire qui:



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