Intervista all’autore di “Changing History”, Marco Lemessi

Se dovesse parlare di sé, se dovesse presentarsi direttamente a voi lettori, Marco Lemessi, autore di “Changing History” scriverebbe così:
Mi chiamo Marco, sono nato a Roma nel 1972 (sono quindi a pieno titolo un Antico Romano 😊) e vivo all’estero da più di vent’anni, prima negli Stati Unit e poi in Germania. Ho una Laurea in Ingegneria Civile e un Dottorato di Ricerca in Ingegneria dei Trasporti dell’Università di Roma La Sapienza e un Executive MBA della Frankfurt School of Finance & Management. Nel corso della mia carriera mi sono occupato prevalentemente di ingegneria industriale, simulazioni a eventi discreti, scienza dei dati, intelligenza artificiale e, più recentemente, cybersecurity.
Ciao Marco. Prima di tutto mi complimento con te perché sei riuscito a occuparti sia di narrativa che di saggistica. Sono due tipi di scrittura molto diversi e anche il pubblico a cui si rivolgono cambia profondamente. Ci racconti che differenze hai riscontrato lavorando alla loro stesura?
Ciao Serena. Ti ringrazio per i complimenti!
Come hai giustamente anticipato, tipo di scrittura e pubblico sono profondamente diversi.
“SERVE to lead”, il saggio che ho scritto sulla Servant Leadership, si rivolge prevalentemente a un pubblico di professionisti, soprattutto manager d’azienda; quindi, persone spesso molto impegnate e con poco tempo a disposizione. Di conseguenza, “SERVE to lead” è un libro breve, un centinaio di pagine che si possono leggere agevolmente in due o tre ore. Il linguaggio è volutamente semplice, essenziale, ricco di citazioni famose e aneddoti mirati ai messaggi che volevo trasmettere ai lettori. Niente chiacchiere né fronzoli inutili. Ogni capitolo, inoltre, si chiude con un breve elenco di Key Takeaways, ossia Concetti Chiave, che costituiscono la base affinché i lettori possano poi mettere in pratica le idee proposte nel libro.
“Changing History” e “Predestination” sono invece romanzi, e, come tali, l’obiettivo principale è quello di intrattenere e divertire il lettore, tenerlo incollato alle pagine con una storia avvincente, incalzante, fantascientifica ma al tempo stesso credibile. I due romanzi hanno richiesto da parte mia un lavoro di ricerca non indifferente, soprattutto per quanto riguarda i capitoli ambientati nel passato, in Grecia ma soprattutto nell’Antica Roma. Mi sono dovuto documentare a fondo su come gli Antichi Romani vestivano, cosa mangiavano, come erano arredate le loro case e cosa vendevano i loro negozi, che musica ascoltavano, come erano fatte le loro navi, come erano strutturate le loro città, quali erano le loro tecniche di battaglia. E non finisce qui: il personaggio principale, il legionario romano Julianus, parla latino, ovviamente con traduzione italiana nelle note a piè di pagina. Non ci sarei mai riuscito se non mi fosse venuto in aiuto il mio ex professore di latino del liceo, Guidotto Colleoni, che ha riveduto e corretto, dal punto di vista grammaticale e sintattico, tutte le frasi latine nei due libri. Confesso che, a trent’anni dalla maturità, il mio latino era piuttosto arrugginito… Tuttavia, né “Changing History” né “Predestination” sono libri di Storia Antica, né pretendono di esserlo. Qualsiasi descrizione di abitudini, usi e riti degli Antichi Romani è funzionale allo sviluppo della trama dei due romanzi, in modo da rendere le vicende più realistiche e credibili, in un contesto storicamente accurato. Se poi il lettore, grazie ai romanzi, imparerà qualcosa di nuovo sull’Antica Roma, meglio così, no?
Qual è, secondo te, il lettore ideale per i tuoi due romanzi, “Changing History” e “Predestination”?
Non credo ci sia un prototipo di lettore ideale. Penso piuttosto che entrambi i romanzi siano fruibili da un pubblico di tutte le età. Dai tanti messaggi che mi sono giunti sino ad oggi sulla pagina Facebook di Changing History, posso dire che il primo romanzo è stato letto tanto da un ragazzino di 13 anni lussemburghese quanto da una signora di 96 anni italiana; quindi, la forchetta dell’età è decisamente ampia. Anche dal punto di vista geografico c’è molta varietà: ho lettori non solo in Europa e negli Stati Uniti, fino ad ora i due mercati principali, ma anche in Canada, India, e America Latina. Dipende comunque dalla chiave di lettura che si vuole dare ai due romanzi. Entrambi possono essere letti in modo più superficiale (nel senso buono del termine), come una favola divertente, del genere di Ritorno al Futuro o Kate & Leopold, tanto per citare due film famosi che affrontano il tema dei viaggi nel tempo in modo “leggero”. Oppure possono essere letti in modo più profondo, ragionando sui paradossi temporali di cui la trama è ricca e riflettendo sull’eterna dicotomia tra predestinazione e libero arbitrio.

Che tipo di storia dobbiamo aspettarci di trovare tra le pagine dei tuoi libri?
La storia che inizia con “Changing History” e prosegue con “Predestination” parte da un quesito molto semplice, il classico what if: cosa succederebbe se un Antico Romano viaggiasse nel tempo fino ai giorni nostri e poi tornasse indietro, portando però con sé la conoscenza di eventi futuri? Partendo da quest’idea, mi sono divertito a mescolare misteri archeologici reali (per esempio la discussa, e tuttora irrisolta, interpretazione dei simboli sul Disco di Festo), miti (su tutti quello di Atlantide), fantascienza (viaggi nel tempo, paradossi temporali, teoria del multiverso e storia alternativa) e Storia di Roma Antica. Il risultato è una storia (con la s minuscola) a mio parere originale, divertente e anche istruttiva, soprattutto per la descrizione fedele alla realtà di usi, abitudini e stile di vita dei Romani di età tardo-repubblicana nonché delle varie location della Roma attuale, dal Rione Sallustiano al Foro Boario, dal Circo Massimo alla Rupe Tarpea. Un lettore americano ha definito “Changing History” un ‘divertente mix di Storia e guida turistica della città di Roma’. E non è il solo a pensarla così. Ho ricevuto messaggi di persone, romani ma non solo, che hanno appositamente visitato alcuni dei luoghi dei due romanzi, da via Salandra a piazza della Consolazione.
Una particolarità dei tuoi romanzi è l’aver intrecciato storia e fantascienza. Puoi raccontarci qualcosa di come è nata questa tua idea e di come si sviluppa nei tuoi libri?
Sono sempre stato attratto da entrambe, Storia e Fantascienza. Forse perché ritengo necessario conoscere il Passato (la Storia) per poter sognare il Futuro (la Fantascienza).
“Changing History” e “Predestination” sono prevalentemente romanzi di fantascienza, visto che i principali temi affrontati sono quelli dei Viaggi nel Tempo e della Storia Alternativa. Tuttavia, volevo inserire una trama fantascientifica in un contesto storico quanto più possibile fedele alla realtà. Da qui tutto il lavoro di ricerca e documentazione sull’Antica Roma per rendere credibili e realistici i capitoli ambientato nel passato, in cui la finzione si mescola con la realtà storica (per esempio la descrizione della Battaglia del Sabis, una delle tante combattute dai Romani in Gallia, o l’uccisione di Giulio Cesare). In un certo senso, la commistione di Storia e Fantascienza rispecchia da un lato la mia passione (l’Antica Roma) e dall’altro il mio lavoro quotidiano di ingegnere ed esperto informatico. È stata la mia professione a suggerirmi, per esempio, i numerosi riferimenti all’Intelligenza Artificiale presenti in entrambi i romanzi.
Tra le possibili civiltà antiche, hai scelto l’antica Roma. Come mai questa decisione?
Presto detto. Sono nato e cresciuto al centro di Roma, per cui sin da piccolo ho vissuto e respirato la Storia, la civiltà, e la grandezza di questa città. “Mai città al mondo ebbe più meravigliosa avventura”, scrisse Indro Montanelli. Ho studiato al Liceo Classico e fino all’ultimo anno sono stato combattuto tra l’idea di iscrivermi a Ingegneria oppure a Lettere Classiche. Alla fine ha prevalso Ingegneria, anche e soprattutto per ragioni pratiche relative alla facilità di trovare lavoro dopo la laurea, ma la passione per la Storia e la Letteratura Latina (e anche Greca) non è mai venuta meno. Ho sempre letto molto sull’argomento, e integrato le mie letture con video e documentari. In “Changing History” e “Predestination” c’è molta Roma, ma anche molta Grecia: Santorini, Creta, Delfi. In particolare il capitolo di “Predestination” relativo all’Oracolo di Delfi è stato molto apprezzato dai lettori.
Una curiosità: come mai hai deciso di intitolare i tuoi romanzi con parole straniere anziché le corrispondenti in italiano?
Non c’è un motivo particolare. Di sicuro ha contribuito il fatto che vivo all’estero e lavoro in inglese da vent’anni, per cui mi capita spesso di pensare e persino di sognare in inglese. “Changing History” mi suonava meglio di “Cambiando la Storia”, che ne sarebbe la traduzione letterale. Inoltre, la lingua inglese distingue la Storia (con la esse maiuscola, che è quella che si studia a scuola) dalla storia (con la esse minuscola, che è la trama di un racconto o di un film), ed è in questo più precisa dell’italiano. History è Storia, quella con la esse maiuscola. Col senno di poi, però, riconosco che forse è stato un errore dare un titolo inglese ai due romanzi. Un paio di amici, infatti, erano convinti che “Changing History” e “Predestination” fossero scritti in inglese proprio a causa del titolo. Per l’edizione tedesca di “Changing History”, quindi, sto valutando l’ipotesi di un titolo tedesco, forse “Der Ring von Santorini” (L’Anello di Santorini). Voglio che sia chiaro che il romanzo è in tedesco e non in inglese.

Ci racconti, invece, come è nata la decisione e com’è stato il lavoro di traduzione dei tuoi romanzi in altre lingue?
Per quanto riguarda la versione tedesca di “Changing History”, ancora in fieri, mi sono affidato a un’amica madrelingua, Winny, che sta facendo un lavoro di traduzione fantastico. Io mi limito a rivedere le bozze e sincerarmi che la traduzione tedesca, quanto a contenuti, sia fedele all’originale in italiano. Della traduzione inglese mi sono invece occupato direttamente io, e le mie bozze sono state poi rivedute e corrette da due madrelingua americani, Gordon e Pete, in modo da poter offrire un prodotto di qualità al pubblico anglofono. Come accennavo prima, vivo all’estero da vent’anni, prima negli Stati Uniti e successivamente in Germania, per cui colleghi, amici e conoscenti sono in prevalenza non italiani. Il mio desiderio era che potessero anche loro leggere i miei romanzi e, perché no, apprezzare il grandioso passato della mia città natale e magari imparare qualcosa in più della sua immensa Storia. Purtroppo, l’Italia all’estero è spesso associata quasi esclusivamente a corruzione, nepotismo, criminalità organizzata, dimenticando ingiustamente lo straordinario contributo che la nostra penisola ha dato all’arte, alla cultura, alla scienza, soprattutto grazie a Roma. Con “Changing History” e “Predestination” ho voluto comunicare ai lettori non italiani la grandezza del nostro Paese, di cui sono e sarò, nonostante tutto, sempre fiero.
Che tipo di accoglienza hai trovato nel mercato estero?
Ottima. Purtroppo, in Italia si legge poco, troppo poco. Un’indagine ISTAT del 2019 ha messo in luce come circa il 60% degli italiani sopra i 6 anni non abbia letto neanche un libro in tutto l’anno. L’indagine escludeva dal computo i libri scolastici e quelli per uso professionale, ma la sostanza non cambia: gli italiani leggono poco. All’estero non è sempre così, fortunatamente. Il mercato americano e quello tedesco mi hanno regalato soddisfazioni di gran lunga superiori a quelle del mercato italiano. Chissà che questa intervista non contribuisca a spostare l’ago della bilancia in favore del mercato italiano… 😊

Qualche parola anche sul tuo libro sul management, “SERVE to lead”, disponibile solo in lingua inglese. Pensi che sia adatto anche a neofiti dell’argomento o si rivolge a un lettore già più esperto?
Ritengo che “SERVE to lead” possa essere letto da chiunque. Perlomeno, da chiunque sia in grado di leggere in inglese, dal momento che non ne esiste ancora una versione italiana. Il linguaggio è volutamente semplice, discorsivo, ricco di citazioni famose e di aneddoti, la maggior parte tratti da esperienze personali. Non si presuppone nessuna conoscenza pregressa di Servant Leadership o di leadership in generale.
Ritieni che possa essere utile anche a chi non appartiene a questo mondo? Se sì, in che modo?
Assolutamente sì. Non serve essere un manager per essere un leader, tutti possiamo esserlo. Un leader è chiunque sia capace di ispirare, motivare, spronare le persone intorno a lui (o lei) a crescere, imparare, migliorare. Il modello SERVE che propongo nel libro, che poi è un acronimo di Share (condividi), Encourage (incoraggia), Recognize (premia), Value (apprezza), ed Empathize (empatizza), è applicabile in qualsiasi contesto, non solo quello tradizionale di un ufficio o di un’azienda. Si può essere un leader in famiglia, a scuola, in un gruppo di amici, in una squadra sportiva, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Un Servant Leader può essere un marito (o moglie) migliore, un padre (o madre) migliore, un figlio migliore, un amico migliore, e far diventare migliori gli altri intorno a lui.
Descrivi ogni tua opera con tre parole (tre, non barare):
“Changing History”: originale, sorprendente, istruttivo
“Predestination”: (fanta)scientifico, spiazzante, romano
“SERVE to lead”: d’ispirazione, empatico, sintetico
Suggerisci un sottofondo musicale per accompagnare la lettura delle tue opere (se vuoi puoi indicare anche una situazione ideale di lettura, tipo periodo della giornata, luogo, compagnia, ecc):
“Changing History” – Star Wars (The Force is with You)
“Predestination” – Gladiator (The Battle)
“SERVE to lead” – No Matter What, di Skylar Herter. Skylar è una giovane cantante, figlia di una mia cara amica inglese. La canzone è bellissima, assai orecchiabile e carica di positività. La sento adatta al mio libro.
Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
A essere sinceri, sono più lettore che scrittore. Ho sempre letto molto, fin da bambino. Posso rinunciare senza troppi rimpianti alla televisione, ma non ai libri. Penso che il desiderio di scrivere sia scaturito proprio da questa passione per la lettura. Mi hanno sempre affascinato le distopie, i racconti di Storia Alternativa, come ad esempio “The Man in the High Castle” (in italiano “La Svastica sul Sole”) di Philip K. Dick, oppure “Fatherland” di Robert Harris. Leggendoli, mi ripetevo spesso: quanto sarebbe bello se ci fosse un libro di Storia Alternativa ambientato a Roma, che tratti di Roma e degli Antichi Romani… Quest’idea, questo desiderio è rimasto tale per parecchi anni, mentre la mia fantasia elaborava una possibile trama, sviluppava gli intrecci tra i personaggi, visualizzava situazioni, luoghi, dialoghi. E poi, nel 2020, è arrivata la pandemia. Fine settimana chiusi in casa, vacanze chiusi in casa, serate chiusi in casa. Improvvisamente avevo tempo, molto tempo, a disposizione. Ho iniziato a scrivere. E in pochi mesi è nato “Changing History”.
Che cos’è per te la scrittura?
Sino ad ora, soltanto un hobby, un modo come un altro per evadere dalla realtà. Parliamoci chiaro: tra pandemia prima e guerra in Ucraina poi, ben venga qualunque cosa permetta di immergersi in un mondo fantastico almeno per qualche ora. Se poi un giorno si dovesse fare avanti una grande casa editrice o un produttore cinematografico con un contratto importante, la scrittura potrebbe diventare per me qualcosa di più di un hobby…. Mai dire mai… 😊
I due romanzi hanno richiesto da parte mia un lavoro di ricerca non indifferente, soprattutto per quanto riguarda i capitoli ambientati nel passato, in Grecia ma soprattutto nell’Antica Roma. Mi sono dovuto documentare a fondo su come gli Antichi Romani vestivano, cosa mangiavano, come erano arredate le loro case e cosa vendevano i loro negozi, che musica ascoltavano, come erano fatte le loro navi, come erano strutturate le loro città, quali erano le loro tecniche di battaglia. E non finisce qui: il personaggio principale, il legionario romano Julianus, parla latino, ovviamente con traduzione italiana nelle note a piè di pagina.
Marco Lemessi
Qual è la tua routine di scrittura, se ne hai una?
Ho un lavoro a tempo pieno, che richiede tempo ed energie. Scrivo quando ne ho la possibilità e quando non sono troppo stanco. Nei fine settimana, durante le vacanze, qualche volta la sera, anche se è più raro. Mi capita di avere idee e spunti per i romanzi nei momenti più strani: imbottigliato nel traffico, sotto la doccia, durante una passeggiata. In quei casi, in genere, cerco di fare una registrazione vocale col cellulare in modo da poter elaborare meglio l’idea quando avrò più tempo e calma.
Un aspetto molto particolare del mio approccio alla scrittura è il fatto che inizio a scrivere solo dopo aver elaborato nella mia testa l’intera trama del romanzo da scrivere. Certamente non tutti i dettagli né i particolari dei dialoghi tra i personaggi, ma so da subito chi farà o dirà cosa, e cosa succederà dove e quando. Di conseguenza, la prima cosa che faccio quando inizio a scrivere è creare l’indice, ossia la successione dei capitoli. Per ciascun capitolo scrivo un paio di righe che riassumono cosa succederà in quelle pagine, dove e quando, e chi sono i personaggi coinvolti. Nel corso della stesura i capitoli verranno perfezionati, alcuni di loro accorpati in uno, altri suddivisi in due o più. Ma la trama resterà sostanzialmente la stessa che avevo già elaborato ancor prima di creare il file vuoto sul computer e iniziare a scrivere. Un’altra conseguenza di questo mio modus operandi un po’ bizzarro è che raramente mi capita di scrivere i capitoli in successione. Può capitare che io scriva il capitolo 23 e poi il 4, il 19 e poi il 41, tanto per fare qualche esempio. Dipende da cosa va scritto in quel capitolo, dall’estro della giornata e da cosa mi sento ispirato a scrivere in quel momento.
Quali sono per te gli ingredienti che un bel romanzo deve avere?
Penso sia molto soggettivo. Non credo esista un solo romanzo in grado di piacere a tutti, ma proprio tutti. Neanche i romanzi dei giganti della letteratura. Si pensi ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni: c’è chi lo adora, c’è chi lo odia. È impossibile mettere d’accordo tutti. Dal mio punto di vista, affinché piaccia a me, un romanzo deve possedere almeno tre caratteristiche:
- Deve essere credibile, anche in un contesto di fantascienza. Anni fa lessi “Angeli e Demoni” di Dan Brown, libro che, nonostante tutto, mi piacque moltissimo. Tuttavia, ricordo ancor oggi il capitolo in cui il protagonista, il professor Langdon, alle undici meno un quarto di sera, in una piazza Navona deserta, si arrampica a mani nude fino alla base dell’obelisco che sovrasta la Fontana dei Quattro Fiumi, e da lì vede in lontananza Castel Sant’Angelo. Ricordo quest’episodio perché, conoscendo la piazza in questione, mi parve del tutto assurdo. Per prima cosa, alle ventidue e quarantacinque, in qualunque giorno della settimana (tranne quelli di lockdown da Covid…), piazza Navona è tutt’altro che deserta. Secondo, è praticamente impossibile per una persona normale arrampicarsi a mani nude fino alla base dell’obelisco, che si trova sopra la fontana, a una decina di metri dal suolo. In ultimo, ammesso e non concesso che la piazza sia per qualche misteriosa ragione deserta e che il professore riesca a raggiungere non si sa come la base dell’obelisco, è impossibile da lì vedere Castel Sant’Angelo, dal momento che la base dell’obelisco è molto più bassa degli edifici che circondano la piazza. Nei miei romanzi ho fatto molta attenzione a descrivere luoghi, tempistiche e situazioni nel modo più preciso e credibile possibile. Spero di esserci riuscito.
- Deve essere avvincente. Il ritmo deve essere incalzante e la trama deve coinvolgere il lettore, tenerlo incollato alle pagine, indurlo a continuare la lettura. È per questo che sia “Changing History” sia “Predestination” hanno un ritmo incalzante e capitoli brevi, la maggior parte dei quali si chiudono lasciando qualcosa in sospeso, in modo da invogliare il lettore a leggere un altro capitolo, e poi un altro, e poi un altro ancora.
- Deve essere sorprendente. Un bel romanzo deve stupire il lettore, sorprenderlo con qualcosa di assolutamente inaspettato. Identità svelate, misteri risolti, colpi di scena, finali a sorpresa. Il finale di “Changing History” è decisamente inatteso. In “Predestination”, più di un personaggio si rivela non essere chi si credeva. Entrambi i romanzi hanno elementi sorprendenti.
Qual è la parte più difficile per te nel tuo percorso di ideazione, struttura, scrittura e promozione dell’opera? Perché?
La promozione dell’opera, senza dubbio. Nonostante il mio lavoro mi porti spesso a parlare in pubblico, di fronte anche a centinaia di persone, sono fondamentalmente un introverso. Mi sento a disagio a lodare i miei libri e ad auto-incensarmi. Preferisco, se ne ho la possibilità, che siano gli altri a farlo per me. Mi sono rivolto a dei professionisti per la creazione di brevi video trailer di promozione di “Changing History” e “Predestination”. Molti amici hanno postato sui social commenti fantastici e condiviso foto delle copertine dei miei libri, hanno partecipato alle mie presentazioni, hanno contribuito al passaparola con i loro amici. Non lo dimenticherò mai. Del resto, quando c’è un amico che apre un ristorante, inizia una nuova attività, incide un disco, o recita a teatro, chi non si farebbe in quattro per aiutarlo, facendo pubblicità, coinvolgendo altre persone, incoraggiandolo? E lo stesso quando si scrive un libro. In questi ultimi anni ho avuto modo di distinguere i veri amici dai semplici conoscenti. Questi ultimi mi diverto a chiamarli “Gli Occasionali”. Sono quelli che si ricordano che esisto solo quando gli serve qualcosa, dopodiché scompaiono nuovamente fino all’occasione successiva. Gli amici hanno acquistato, recensito, pubblicizzato i miei libri, dando il via a quella spirale virtuosa di vendite che poi è proseguita con gli amici degli amici fino ad includere, a poco a poco, anche gli sconosciuti. Un amico di Trieste, Vincenzo, ha acquistato sei copie di “Changing History” e sei di “Predestination”, una di ciascun romanzo per sé e le altre da regalare ai suoi amici. Mi ha commosso. Gli Occasionali, invece, hanno fatto finta di niente, oppure, peggio ancora, si sono fatti vivi per chiedermi una copia omaggio…
E la parte che reputi più stimolante e divertente?
L’ideazione. È quando la fantasia può galoppare selvaggia, a briglia sciolta. Non tutte le idee si concretizzeranno in parole, frasi, pagine, ma è bello pensare, sognare, senza porsi limiti. L’ideazione è la fase onirica di un libro, quando tutto deve ancora prendere forma. La adoro.
C’è un autore a cui ti ispiri? Perché?
Tanti, tantissimi. Probabilmente troppi. Dan Brown per le atmosfere di mistero e il ritmo incalzante che riesce a imprimere nei suoi romanzi, Clive Cussler per lo spirito di avventura e l’amore per il mare, Nicholas Sparks per la capacità di descrivere emozioni e sentimenti, Philip K. Dick per le sue doti visionarie, Isaac Asimov per il suo rigore scientifico, Alberto Angela per la semplicità con cui riesce ad avvicinare il lettore alla storia, all’arte, alla cultura. Potrei continuare, l’elenco è lungo. C’è un briciolo di ciascuno di loro nei miei romanzi, perché è da loro che ho imparato ed è a loro che mi ispiro. Solo un briciolo però, perché ho ancora tanto, tantissimo da imparare.
Quanto è importante, secondo te, la lettura di altri autori per migliorare la propria scrittura?
Fondamentale. Non vedo come si possa scrivere senza aver letto tanto. Per me leggere è il presupposto fondamentale per scrivere. Leggendo si impara, e scrivendo si mette in pratica quanto appreso.
A essere sinceri, sono più lettore che scrittore. Ho sempre letto molto, fin da bambino. Posso rinunciare senza troppi rimpianti alla televisione, ma non ai libri. Penso che il desiderio di scrivere sia scaturito proprio da questa passione per la lettura.
Marco Lemessi
Preferisci leggere autori già affermati o emergenti? Perché?
Dipende. Mi baso molto sulla trama, ossia quanto scritto in quarta di copertina o nell’anteprima del libro online, se questa è disponibile. Se la trama mi conquista, non mi interessa chi è l’autore, e se è famoso o meno. Nel 2022, per esempio, ho già letto cinque libri di autori esordienti, e solo uno di questi è un amico. Gli altri sono, e probabilmente resteranno, degli sconosciuti, che però mi hanno regalato ore piacevoli in compagnia delle loro storie e che pertanto ringrazio.
Credi che la scrittura e la lettura possano cambiare il mondo? Se sì, in che modo?
Penso che la cultura possa cambiare il mondo. Scrittura e lettura ne fanno parte, ma non ne hanno l’esclusiva. Cultura è anche cinema, musica, fotografia, viaggi, incontri, ecc. Conoscere ci permette di comprendere altre culture, opinioni, punti di vista, sviluppare nuove conoscenze scientifiche, tecnologiche, mediche, apprendere dagli errori del passato per costruire un futuro migliore. Scrittura e lettura possono contribuire a diffondere e tramandare questa conoscenza.
Con i miei libri non mi sono certamente posto l’obiettivo di cambiare il mondo. Tuttavia, due obiettivi me li sono posti. Questo sì. Il primo, con “SERVE to lead”, mira a diffondere l’idea, la filosofia di Servant Leadership, nella quale credo profondamente. Il secondo obiettivo è quello di ricordare, nei miei due romanzi, persone che non ci sono più. Molti personaggi di “Changing History” e di “Predestination” si ispirano infatti a persone reali che ci hanno lasciato: Julianus, Carlo, Lara, ma anche personaggi che nei romanzi compaiono soltanto fugacemente, come Fred DiVita, Fulvio Chersi, Paulus Æmilius, Silvia. È un piccolo omaggio che mi sono sentito di fare. Se fossi stato un musicista, avrei probabilmente dedicato loro una canzone, o forse più di una.
Se tu dovessi indicare un’opera che hai letto e che ha cambiato il modo in cui vedi il mondo (intorno a te o dentro di te), quale indicheresti? Perché?
“The Priority List” di David Menasche. Non so se ne esista una versione in italiano. Lo lessi parecchi anni fa e ne rimasi profondamente colpito. È la storia di un professore di letteratura inglese di un liceo degli Stati Uniti a cui viene diagnosticato un tumore al cervello. Pur consumato nel fisico dal male, il professor Menasche intraprende un viaggio di 100 giorni e oltre 8000 miglia attraverso gli States per visitare i suoi ex studenti e sentire da loro se e come le sue lezioni hanno avuto un impatto positivo sulle loro vite. È un libro commovente, toccante, sul senso della vita, sulle priorità che ciascuno di noi si dà, su quanto le nostre azioni, i nostri comportamenti possano condizionare chi ci circonda. È dopo aver letto il libro di Menasche che ho iniziato a interessarmi sistematicamente alla Servant Leadership, che poi ho adottato come stile di vita, sia in ambito professionale sia familiare.
Che tipo di opere ti piace leggere? Che genere o che stile devono avere? Devono affrontare particolari temi? Raccontaci cosa cerchi come lettore.
La lettura, come la scrittura, sono per me un momento di evasione, di relax, qualcosa che faccio con piacere nel mio tempo libero. Leggo prevalentemente romanzi d’avventura, d’amore e di fantascienza. Tra i miei autori preferiti, tra quelli famosi, cito Clive Cussler, Dan Brown e Ken Follett per quanto riguarda l’avventura, Nicholas Sparks, Marc Levy e Nicolas Barreau per quanto riguarda i romanzi d’amore, Isaac Asimov e Philip K. Dick per quanto riguarda la fantascienza. Non mi dispiacciono anche i thriller di James Patterson o i libri umoristici di Beppe Severgnini. Leggo poi spesso opere, sia romanzi sia saggi, sulla Storia di Roma Antica, e qui mi limito a citare Alberto Angela e Valerio Massimo Manfredi. Poi ci sono tutti i libri che leggo per motivi professionali: da quelli sull’intelligenza artificiale a quelli sulla leadership e sulla cybersecurity.
Un aspetto molto particolare del mio approccio alla scrittura è il fatto che inizio a scrivere solo dopo aver elaborato nella mia testa l’intera trama del romanzo da scrivere. Certamente non tutti i dettagli né i particolari dei dialoghi tra i personaggi, ma so da subito chi farà o dirà cosa, e cosa succederà dove e quando. Di conseguenza, la prima cosa che faccio quando inizio a scrivere è creare l’indice, ossia la successione dei capitoli. Per ciascun capitolo scrivo un paio di righe che riassumono cosa succederà in quelle pagine, dove e quando, e chi sono i personaggi coinvolti.
Marco Lemessi
A cosa stai lavorando?
Al momento sto lavorando all’edizione inglese di “Predestination” e a quella tedesca di “Changing History”. La prima dovrebbe uscire in luglio o in agosto, la seconda vedrà la luce verso Natale. In più ho molte conferenze ed eventi sulla Servant Leadership in cui parlerò del mio “SERVE to lead”.
E che cosa puoi anticiparci sui tuoi progetti futuri?
Dipende molto dal tempo a disposizione, che è sempre maledettamente troppo poco. Avrei bisogno di giornate di 48 ore per riuscire a fare tutto quello che vorrei. Mi piacerebbe scrivere “Changing History 3”, dal momento che in “Predestination” ho lasciato volutamente alcuni punti in sospeso. Ho anche in mente una storia sulla reincarnazione, ma è ancora un’idea in fase embrionale.
Per me leggere è il presupposto fondamentale per scrivere. Leggendo si impara, e scrivendo si mette in pratica quanto appreso.
Marco Lemessi
Oltre alla scrittura e alla lettura, hai altre passioni? Che cosa ci racconti a riguardo?
Adoro viaggiare. Negli ultimi due anni gli spostamenti sono stati forzatamente limitati, per cui viaggiare mi manca. Molto. Vedere posti nuovi, entrare in contatto con culture diverse, conoscere persone, imparare. A casa ho una lista dei 50 luoghi che voglio vedere prima di morire, dai Moai dell’Isola di Pasqua ai grattacieli Tokyo, dai geyser dello Yosemite National Park all’aurora boreale nei fiordi norvegesi. Viviamo in un pianeta meraviglioso, anche se lo stiamo distruggendo e non ce ne rendiamo conto.
Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane autore che sogna di pubblicare il suo primo libro?
Mai smettere di sognare! Bisogna credere in se stessi, dare sempre il massimo, non smettere mai di lottare. “Yes we can”, ripeteva Barack Obama…
Hai la possibilità di inviare nello spazio una sola opera (che sia una poesia, un racconto, un romanzo) di un autore più o meno conosciuto. L’autore puoi essere anche tu. In questa opera dovrebbe essere raccolto il tuo messaggio a memoria futura. Quale opera scegli e perché?
Allora, per prima cosa pubblico in un unico volume “Changing History” e “Predestination”, e poi invio nello spazio quello. Si può?
Per quanto riguarda il messaggio, è quello dei due romanzi: “La fine non è altro che un nuovo inizio”. Vuole essere un messaggio positivo di speranza. Persino la morte può essere vista non come la fine di tutto, bensì come un passaggio a un’esistenza diversa.
Risposte secche:
- Casa editrice o self? Self
- Giallo o nero? Giallo
- Struttura a priori o in divenire? Una struttura a priori, ma non rigida. Deve essere soggetta a cambiamenti, se necessario. Nulla è immutabile, “l’unica costante della vita è il cambiamento”, disse Eraclito. Chi sono io per smentirlo? 😉
- Musica in sottofondo o silenzio? Musica in sottofondo, ma molto bassa (altrimenti tendo a canticchiare e a distrarmi…).
- Prima persona o terza persona singolare? Terza
- Libro cartaceo o digitale? Cartaceo, passo già fin troppe ore davanti al computer…
- Revisione a schermo o su carta? Schermo, perché è più semplice individuare refusi e ripetizioni, e controllare la coerenza della trama.
Ringraziamo Marco per averci tenuto compagnia e per aver risposto con meticolosità. Se le sue risposte vi hanno incuriosito, vi suggerisco di approfondire qui:
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