Intervista all’autore Michele Vincelli

Forse ognuno può ritrovare nelle mie pagine l’ardore nel seguire ciò che si ama, anche se questo significa attraversare un mondo in guerra o affrontare tanti anni di silenzio. La storia come tante a cui alludo è quindi la comune ricerca di un sogno che ci anima e che inseguiamo a qualsiasi costo. Come per i protagonisti del racconto, ognuno di noi deve attraversare un buio, una sfida, una “guerra” per raggiungere il proprio desiderio… e tutti abbiamo un bivio del destino in cui dover scegliere una direzione di vita.
Michele Vincelli
Oggi, per me, non è un giorno qualunque. Oggi, per me, è un giorno triste. Il 7 agosto è un brutto anniversario che mi ricorda dolore, perdita, mia nonna. Quando penso a mia nonna, ripenso all’amore, perché mia nonna è amore, anche se non c’è più. Quel giorno l’abbiamo tutti un po’ persa, anche se ci ha lasciato ufficialmente solo due mesi dopo.
Quando ho conosciuto il tema contenuto nelle pagine di “Una storia come tante” di Michele Vincelli ho pensato che fosse importante pubblicare la sua intervista proprio oggi. Perché parla dei suoi nonni. Perché parla di amore. In un tentativo estremo (e a tratti disperato) di ripulire il 7 agosto da tutta la coltre di dolore. Trasformiamolo in un angolo più luminoso, oggi. Insieme ce la faremo.
Michele Vincelli si presenta così:
Ciao a tutti, mi chiamo Michele Vincelli, vivo a Casacalenda, un piccolo paese nel Molise. Sono uno psicologo e oltre a lavorare nel mio studio privato, lavoro presso una struttura psichiatrica. Ho tante passioni, dalla musica alla fotografia, ma scrivere libri è una cosa recente. Una storia come tante è il mio romanzo d’esordio e devo ammettere che la sua stesura è stata piuttosto imprevista. A 38 anni ho scoperto di aver voglia di scrivere e spero riuscirò a continuare questa nuova passione.
Ciao Michele. “Una storia come tante”, il libro del tuo romanzo d’esordio, suggerisce due cose al lettore in modo più o meno implicito: la prima è che la storia narrata abbia degli aspetti che sono presenti nelle vite di molti di noi. Credi che il lettore vi troverà davvero una parte di sé e del proprio vissuto? Quale?
Credo che tutti siamo abitati, o per lo meno animati, da emozioni e vissuti molto comuni… paura, amore, dolore, solitudine, gelosia, gioia… odio… possiamo dirlo anche odio? Quello che però ci differenzia è il modo di rispondere a queste grandi esperienze… quello che cambia è come ognuno di noi vive e faccia proprie ciascuna di queste sfumature dell’esistere. Siamo abitati dal tutto e dal niente e queste forze sono in ciascuno di noi. Una storia come tante tocca un po’ questi aspetti e più specificamente si sofferma sulla tematica che più alimenta la vita di tutti noi; l’amore. Amore che può assumere tante forme; amore per un’altra persona, un’idea, un’arte, una passione… Forse ognuno può ritrovare nelle mie pagine l’ardore nel seguire ciò che si ama, anche se questo significa attraversare un mondo in guerra o affrontare tanti anni di silenzio. La storia come tante a cui alludo è quindi la comune ricerca di un sogno che ci anima e che inseguiamo a qualsiasi costo. Come per i protagonisti del racconto, ognuno di noi deve attraversare un buio, una sfida, una “guerra” per raggiungere il proprio desiderio… e tutti abbiamo un bivio del destino in cui dover scegliere una direzione di vita: la strada più facile? Un percorso in cui perdersi? O affrontare il destino senza timori?
La seconda idea che il titolo mi ha suggerito è che ogni storia, alla fine, meriti di essere raccontata. Sei d’accordo con questa affermazione? Perché?
Sono smisuratamente d’accordo con te Serena. Quotidianamente vivo e sbircio grazie al mio lavoro storie ai margini della normalità e che forse i più non ritengono importanti o degne d’attenzione. Nel libro, proprio per esaltare questo aspetto, paragono le persone ai fiocchi di neve, tutti simili ma nessuno uguale ad un altro: chi ha il diritto di dire che un fiocco di neve sia più importante di un altro? O l’effimera… un inserto che vive poche ore… è irrilevante solo perché per noi la sua vita dura poche ore? Chi siamo per definire cosa sia giusto o sbagliato? Chi ci dice che sia giusto dare più importanza alla quantità piuttosto che alla qualità? Siamo purtroppo soliti dare senso solo a quello che ci risulta più familiare o più facile d’accettare, ma davvero pensiamo di poter dire cosa sia giusto o sbagliato? Io penso di sapere cosa è giusto e sbagliato per me… e spesso ho anche grossi dubbi. Ho imparato quindi che ogni storia merita di essere racconta e ascoltata… perché ogni storia è una sfumatura e una dimensione di vita… ogni storia è un racconto irripetibile nella storia dell’umanità e in qualche modo merita di essere guardata almeno per un istante.
So che questo libro è nato in un momento molto particolare. Puoi raccontarlo ai nostri lettori?
Ho iniziato a scrivere il libro dopo un intervento chirurgico, il quale mi ha costretto a restare allettato per quasi due mesetti. In quel periodo, nonostante fossi allettato, ero molto contento perché stava per nascere mia figlia. Un po’ per gioco un po’ per noia, ho iniziato a scriverle una delle storie più belle che io avessi mai sentito: la storia d’amore dei miei nonni. In realtà non riuscii a finire di scrivere la storia perché ripresi a lavorare. Ciò che mi ha dato la possibilità di concludere il racconto è stato il covid; con la pandemia mi sono ritrovato isolato a casa. Il dover lavorare in una struttura sanitaria mi ha spinto a decidere di evitare eventuali situazioni spiacevoli per i miei cari. La scelta era scaturita dal fatto che poche settimane prima era nata mia figlia e non volevo correre il rischio di metterla in difficoltà visto il dilagare del corona virus. In quel momento il covid era un nemico sconosciuto e temuto, i media raccontavano di una situazione sull’orlo del collasso, e in effetti dopo poco così fu. Decidemmo così con mia moglie di dividerci alcuni giorni sperando che si calmassero le acque. Una volta separati in realtà per noi diventò impossibile rivederci perché i decreti vietarono improvvisamente gli spostamenti tra comuni diversi. Mi trovai così isolato a casa per quasi due mesi… è in questa solitudine che ho concluso questo libro… per esorcizzare quel momento di vuoto spaventoso.
Non è la prima volta in cui un mio ospite è riuscito a trasformare l’esperienza del lockdown in maniera positiva e propositiva. A causa del tuo lavoro hai dovuto in quel periodo rinunciare a una parte importante della tua vita, ma hai avuto la possibilità di finire la storia del tuo libro. Ci racconti come hai vissuto quei momenti e come è andata?
Devo dire che ero un bel po’ giù… era nata mia figlia, l’avevo attesa con tanta impazienza ma non potevo stare con lei… anzi… isolato a casa, solo. La scrittura è diventata quasi una medicina contro questo dolore… un modo per depurare la solitudine… per riempire il silenzio… per non cedere allo sconforto. Alla fine quello strano periodo mi ha permesso di fare una cosa che mai avrei pensato; scrivere un libro. Così in quei giorni ero proiettato per alcune ore della giornata al lavoro… quando tornavo a casa iniziavo a scrivere, documentarmi, abbandonarmi a sogni ad occhi aperti per finire la storia.
Quanto credi che il tuo lavoro abbia influito sulla scelta dei temi affrontati in “Una storia come tante”?
Profondamente direi. Credo che queste pagine siano intrise di quella umanità che il mio lavoro mi ha insegnato. Il mio lavoro mi ha insegnato davvero molto, ovvero a stare nel caos e nel dolore senza esserne travolto. L’umanità di cui parlo però è legata al non giudicare. Stare “semplicemente” accanto (cosa difficilissima), astenendosi dal giudizio, può essere una medicina rivoluzionaria. Ho affrontato i personaggi del libro nello stesso modo in cui affronto il lavoro… non cercavo colpevoli, anche se parlare della brutalità della guerra o dei campi di concentramento spesso portava a volersi schierare… però alla fine ho tentato solo di mettermi nei panni di vittime e carnefici senza fare alleanze, dando loro il potere di essere ciò che volevano essere. Volevo lasciare ai personaggi la libertà di esprimersi ed essere autentici. Mi auguro di esserci riuscito.
“Una storia come tante” è un filo rosso che collega molte generazioni: i tuoi nonni sono i protagonisti della vicenda che narri (vicenda reale, tra l’altro); tu ti sei fatto portavoce e tramite; tua figlia è la destinataria di questo racconto. Quanto è importante, secondo te, il passato per pensare al presente e al futuro? O, per usare un’immagine presa in prestito dalla natura, che rapporto hai con il ramo, le foglie e i frutti dell’albero?
Sì. È una storia che travalica le generazioni. Forse l’esigenza (inconscia) è di riempire un vuoto. Purtroppo i nonni non li ho mai conosciuti, mentre le nonne le ho perse quando ero ancora ragazzino. Poi a rendere ancora più opaco questo quadro è stata la perdita prematura di mio padre quando ero ancora ragazzo. Ecco perché sono cresciuto sempre carico di curiosità per tutte quelle persone che portavo nel sangue ma che non avevo potuto conoscere. Pian piano ho raccolto pezzi… come in un puzzle… frammenti di ricordi dalle zie, aneddoti da un amico di papà… racconti incompleti da mamma. Una storia come tante è diventato così l’intreccio di questi pezzi e ho voluto affidarli subito a mia figlia come per dirle “anche se può sembrarti che ci sia poco intorno a noi, ho un mare di cose belle da dirti su chi siamo. Le assenze non sono solo volti in fotografie… sono persone con sentimenti, emozioni e idee e tutto quello è arrivato anche a noi in qualche forma più o meno sbiadita”. Più in generale percepisco una profonda continuità tra quello che è stato, quello che è e quello che sarà.
Ho una curiosità, visto che la tua bambina ha un anno circa meno della mia e mi capita ogni tanto di parlarle dei bisnonni e dei nonni. Hai già iniziato a raccontarle a voce la loro storia?
Ti dico una cosa buffa che ho fatto. A Nicole ho raccontato non tanto la storia dei suoi nonni… ma della follia che mi ha dato il sapere che sarebbe nata… della gioia che mi ha portato nella vita. Per gioco ho iniziato a fare dei video quando ho saputo che sarebbe nata: le facevo vedere quanto ero felice, le raccontavo le cose che scoprivo di lei in base ai mesi che cresceva in pancia. Le mostravo i primi vestitini che le compravamo, le visite, le facevo sentire la musica e gli raccontavo cosa accadeva nel mondo in quel momento…in pratica le ho raccontato il mondo prima di lei… e dello stravolgimento bellissimo che mi stava dando. Le mostravo il mare, quello che facevo… le raccontavo come tutto mi sembrava più colorato perché sapevo che lei stava per arrivare. Le presentavo le persone che avrebbe conosciuto una volta nata e tutti si prestavano a giocare con me in questo filmato assurdo. Il video di più di due ore si è concluso con il primo video che le ho fatto appena nata e l’alba di quella notte per me tanto lunga. Io ho perso un padre quando ero ragazzo e non ho mai potuto fargli tante domande che avrei voluto… così a lei ho voluto regalarle le mie emozioni. Ogni tanto metto questo video in TV. Lo segue con interesse… sicuramente non comprende tutto… però un giorno saprà quanto sia stata importante per me.
All’interno del tuo libro, “Una storia come tante”, rivivono episodi del passato che ancora oggi spaventano l’umanità. L’orrore della guerra, la persecuzione delle persone che non rientrano in certi canoni. Credi che attraverso la scrittura e il ricordo sia possibile educare le nuove generazioni perché certi terribili fatti non accadano più?
Io credo si possa educare in un solo modo: insegnando l’amore… insegnando la bellezza, insegnando il rispetto. Sono consapevole però che siamo abitati anche da forze oscure, ecco perché il libro è un continuo gioco tra luci e ombre… perché esistono anche forze cupe che governano inconsapevolmente la nostra vita, sbucando fuori quanto meno non ce lo aspettiamo se le neghiamo. Al mondo ci sarà sempre il bene e il male e per quanto noi ci battiamo per “pacificare” il tutto, questo non può essere fatto completamente… è come voler abolire la notte perché è oscura e fa paura. Penso che il giorno e la notte sono imprescindibili… però può cambiare il nostro modo di affrontarli e magari evitare errori del passato per rendere la notte meno terrificante. In fondo la notte appartiene anche agli innamorati, alle stelle e alla luna… non solo agli incubi.
Michele, nella vita tu sei psicologo e lavori in una comunità terapeutica. Vorrei farti una domanda particolare: credi che la scrittura possa essere terapeutica? Come può aiutare chi ha subito un trauma o soffre?
Credo che la scrittura possa essere una medicina… possa aiutare… possa far affrontare in qualche modo emozioni, momenti importanti o episodi rilevanti. Non bisogna però neanche idealizzarla. Penso che delle volte esistono ferite così profonde che per guarire bisogna intrufolarsi nei meandri dell’anima… alcune volte la scrittura può arrivarci ma a volte no.
C’è una vicenda tra quelle narrate nel libro a cui sei particolarmente legato? Quale?
10 Sono molto legato a un viaggiatore che nel libro ho collocato su un treno. Quel passeggero un tempo sono stato io… uno sconosciuto mi ha parlato, mi ha preso per mano e mi ha fatto attraversare delle paure. Mi sono fidato di lui… l’ho seguito semplicemente e ho imparato a vedere diversamente la vita. Da quel giorno sono aperto al divenire, non accartocciato in risentimenti o rivincite.
Un libro dal significato positivo: anche nei momenti più bui possono arrivare luminose sorprese. Ti è capitato di ricevere riscontri dai lettori che hanno trovato un aiuto, una spinta alla resilienza, tra le pagine del tuo libro?
Devo dire che molti lettori del libro mi hanno scritto per un qualche tipo di confronto. Con piacere ho potuto appurare che la maggior parte di essi aveva trovato tra le mie parole qualche tipo di risposta o riflessione. Qualche briciolo d’insegnamento. Un puro esempio di resilienza. Ammetto che è un libro molto particolare; delle volte gioco di fantasia, altre volte la verità è così cruda che la senti sulla pelle. Ci sono momenti dove rischi di annoiarti, altri in cui forse si viene attaccati dal sentimentalismo. Uno dei miei timori era che il lettore potesse perdersi. In realtà, almeno fino ad oggi, nessuno mi ha detto di essersi smarrito nella lettura. Molti mi hanno confessato di essersi emozionati e di aver anche pianto. La soddisfazione più grande è di essere riuscito a trasmettere qualche emozione e di aver usato parole banali per parlare di tematiche molto profonde.
La copertina di “Una storia come tante” ha un pianoforte in cui i tasti neri e i tasti bianchi sono invertiti rispetto alla realtà. Ne esce fuori uno strumento con molti tasti scuri e pochi chiari. Come mai questa scelta? Che cosa rappresenta per te la copertina?
La copertina è la foto della mia fisarmonica. Ho una fisarmonica un po’ strana, con i tasti inversi: i bianchi al posto dei neri e i neri al posto dei bianchi. Nella storia ho dato voce in qualche modo al mio passato: quando ero piccino e stavo imparando a suonare avevo “paura” di suonare le note nere (è una storia un po’ lunga da raccontare)… ma non si possono suonare solo note bianche. Sarebbe molto limitato. Per quanto spaventoso sia imparare a suonare le note nere, queste possono portare maggior armonia nella musica. Questa cosa mi ha fatto pensare molto alla vita di mio nonno; si sposa e dopo una settimana viene mandato in guerra, costretto a combattere per anni per poi diventare prigioniero in un campo di concentramento. Qui resiste due anni ai lavori forzati… viene sparato e….mi fermo per non svelare il libro… ma tutta questa storia mi sembra una tastiera con tanti tasti neri… una tastiera invertita… tutte note spaventose nella vita di mio nonno… però qualche nota bianca c’è, e come si vede in copertina, forse non tutto è perduto.

Nel tuo libro si fondono grandi temi: la vita, la morte; l’amore, la guerra; la ragione, la magia. La domanda su che cosa sia per te l’amore sarebbe troppo facile da porre. Visto che ho un progetto personale basato sull’esercizio e sull’educazione dello sguardo per la riscoperta della bellezza, vorrei chiederti, Michele, che cosa sia per te la bellezza.
Per me la bellezza è il confronto e l’accettazione. È bello riuscire a cogliere tutte le sfumature del mondo… non solo alcune… ricollegandomi alle note nere e bianche, non c’è una nota più bella o una più brutta… l’armonia viene dall’intreccio tra note… l’incontro e lo scontro tra loro. Per questo per me la bellezza è l’accettare l’armonia della vita che passa, nonostante tutto, per note bianche e note nere. La bellezza è esserci nonostante tutto… poter toccare con un dito questa cosa fantastica che è la vita anche se delle volte fa paura. Bellezza è aprirsi allo stupore, all’interazione, al gioco. Bellezza è esaltare ciò che si è, urlarlo al mondo e non sentirlo messo in discussione da altri. Bellezza è sapere che siamo unici e ognuno di noi è un’opera d’arte da studiare e apprezzare.
Descrivi “Una storia come tante” con tre parole (tre, non barare):
tre sono poche (ah ah ha)
Suggerisci un sottofondo musicale per accompagnare la lettura di “Una storia come tante” (se vuoi puoi indicare anche una situazione ideale di lettura, tipo periodo della giornata, luogo, compagnia, ecc):
Io leggerei una storia come tante su una panchina in un parco per i tanti richiami alla natura… poi se vogliamo mettere Ludovico Einaudi in sottofondo, può solo aiutare ad accarezzare le parole.
Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
È nata per caso…come raccontavo per non sentirmi troppo solo nel momento in cui ero più solo nella mia vita. È stato un modo per non sprofondare.
Che cos’è per te la scrittura?
È essere un po’ dio. Scrivere mondi nuovi o dare al tempo un’altra possibilità per ripetersi… far nascere o morire… costruire o distruggere. Tanta roba la scrittura. Con la scrittura quello che pensi può oltrepassare il tempo e parlare anche a persone che mai vedrai nascere… e magari emozionarle o trasmettergli un’idea… che cosa poderosa…
[…] ogni storia merita di essere racconta e ascoltata… perché ogni storia è una sfumatura e una dimensione di vita… ogni storia è un racconto irripetibile nella storia dell’umanità e in qualche modo merita di essere guardata almeno per un istante.
Michele Vincelli
Qual è la tua routine di scrittura, se ne hai una?
Sono un grande improvvisatore. Magari chiacchiero con un amico, mi viene un’idea, la segno sul telefono e poi la sviluppo… ovviamente continuando a parlare con l’amico come se niente fosse. Vedo qualcosa… rifletto e prendo appunti. Poi tutto va da sé. Una routine di scrittura rischierebbe di bloccarmi. Ho bisogno di fare qualcosa, vivere qualche esperienza o parlare con qualcuno per trovare le parole giuste.
Quali sono per te gli ingredienti che un bel romanzo deve avere?
Deve lasciare qualcosa… un’emozione, un insegnamento, un sogno…magari anche un dubbio… pure indignazione perché no… addirittura noia in alcuni momenti… perché se si parla di noia e si riesce a trasmetterla nel testo, secondo me è un obiettivo centrato perché si porta il lettore dove si voleva. Però un libro intero sulla noia proprio no… ah ah ah
Qual è la parte più difficile per te nel tuo percorso di ideazione, struttura, scrittura e promozione dell’opera? Perché?
La promozione. Ho scritto un libro solo per una lettrice, mia figlia… diciamo che non è molto logica come cosa. Inizialmente quello era l’obiettivo e non volevo far leggere il libro a nessuno. Avevo una sorta di pudore. Cosa dirà la gente di quello che scrivo o come scrivo? Un caro amico a cui affidai il testo per capire se fosse comprensibile mi ha motivato a condividerlo. Devo dire che in molti mi hanno poi riferito di essersi emozionati in alcuni momenti della lettura… di aver apprezzato la struttura del libro. Ho capito poi che non c’è un modo giusto o sbagliato per scrivere. Non si può scrivere per tutti… i più bravi riescono a toccare molte persone ma anche chi riesce ad arrivare a una sola persona ha comunque raggiunto un risultato. Ecco perché ora non temo più le critiche. Mi rendo conto che sono uno scrittore improvvisato… ci sono molti trucchi del mestiere, nel tessere trame, nel dare carattere ai personaggi, nel catturare l’attenzione del lettore…nel seguire un buon senso nella scrittura. Io seguo l’istinto…e l’istinto segue il mio piacere, le mie emozioni… forse non quello del pubblico. Ovviamente un lavoro come il mio risulta davvero autentico ma forse poco interessante per una fetta di pubblico che vuole leggere ciò che vuole sentirsi dire. Io richiedo uno sforzo a chi mi legge ma giustamente non tutti i lettori vogliono essere coinvolti in questo modo.
E la parte che reputi più stimolante e divertente?
La parte più divertente è il non sapere cosa scriverai nella pagina successiva…lasciarsi la possibilità di stupirsi …dire “ma davvero faccio accadere quella cosa?”
C’è un autore a cui ti ispiri? Perché?
A me piace molto Alessandro Baricco perché lo trovo onirico e poco legato alla formalità della scrittura. Il suo scrivere mi sa di suonatore jazz… uno che improvvisa e sa dove andare, non un dilettante allo sbaraglio sia chiaro… ma così preparato e sicuro di sé da affrontare testi fuori dal comune.
Quanto è importante, secondo te, la lettura di altri autori per migliorare la propria scrittura?
Sicuramente è formativo leggere altri autori… però penso sia bello conservare una propria identità, qualunque essa sia. Preferisco essere onesto con me stesso ed essere compreso da un solo lettore, e non scrivere con inautenticità e magari arrivarne a 100. È bello essere liberi. Non cadere nel tranello di essere seducenti e barattare, per un po’ di consenso, il proprio punto di vista.
La scrittura è diventata quasi una medicina contro questo dolore… un modo per depurare la solitudine… per riempire il silenzio… per non cedere allo sconforto
Michele Vincelli
Preferisci leggere autori già affermati o emergenti? Perché?
Ammetto di leggere autori affermati. Ho paura di perdere tempo in una lettura troppo lenta…mi capitò una volta con un libro e da allora sono diventato più razzista letterario…
Credi che la scrittura e la lettura possano cambiare il mondo? Se sì, in che modo?
Certo. Basti pensare la Bibbia. Credo che le storie siano sempre un racconto di noi… del nostro essere, del nostro divenire. Lo scrivere racconta l’identità di popoli interi in momenti specifici, quindi, può aiutare a vederci, a comprenderci, a cambiare. Ogni storia, anche la più banale e scontata, racconta una verità, un frammento della realtà.
Se tu dovessi indicare un’opera che hai letto e che ha cambiato il modo in cui vedi il mondo (intorno a te o dentro di te), quale indicheresti? Perché?
Vorrei non aver mai letto Il ritratto di Dorian Gray solo per poterlo rileggere e stupirmi come quella prima volta. Quel libro è stato capace di rapirmi completamente, di stupirmi ad ogni pagina. Quel libro secondo me ha iniziato a raccontarmi inconsapevolmente le note nere e le note bianche: non possiamo fare alcun patto per annullare la totalità della vita e se ignoriamo ciò c’è un prezzo da pagare.
Che tipo di opere ti piace leggere? Che genere o che stile devono avere? Devono affrontare particolari temi? Raccontaci cosa cerchi come lettore.
Da lettore cerco forse quello che ho tentato di scrivere io. Cerco libri che mi spingono a vedere le cose sotto prospettive diverse, mi portano concretamente dentro una storia… mi facciano viaggiare… mi lasciano una sorta di cicatrice.
Le assenze non sono solo volti in fotografie… sono persone con sentimenti, emozioni e idee e tutto quello è arrivato anche a noi in qualche forma più o meno sbiadita.
Michele Vincelli
A cosa stai lavorando?
A un’altra storia rubata alle strade del mio piccolo paese. Un inventore locale, “deriso” e incompreso. In realtà un visionario. Aveva idee troppo innovative per il tempo in cui viveva e per questo era solo. Parlava di futuro, inventava o ipotizzava 30 anni fa cose che oggi vediamo o abbiamo nelle nostre vite. In questo libro vorrei giocare anche sul classico meccanismo per cui un uomo di pensiero ha poca dimestichezza con le emozioni e l’amore… cosa che accresce ancora di più il suo divario con il resto del mondo. In pratica una storia da ultimo… da sempre i miei preferiti… ma che nascondono l’alba dell’unicità e incomprensibilità. Sono il non scontato, sono la scintilla che porta all’esplosione dello status quo.

E che cosa puoi anticiparci sui tuoi progetti futuri?
29 A breve andrò a vivere in un altro paese… nel libro Una storia come tante si sente nitidamente quanto io sia legato al mio paesino d’origine. Con il tempo sono diventato piuttosto generoso con le possibilità che la vita mi offre quindi voglio vivermi la cosa con l’aspettativa di arricchire la mia vita di conoscenze, posti, persone e storie… non rimpiangendo il passato.
Per me la bellezza è il confronto e l’accettazione. È bello riuscire a cogliere tutte le sfumature del mondo… non solo alcune… ricollegandomi alle note nere e bianche, non c’è una nota più bella o una più brutta… l’armonia viene dall’intreccio tra note… l’incontro e lo scontro tra loro. Per questo per me la bellezza è l’accettare l’armonia della vita che passa, nonostante tutto, per note bianche e note nere. La bellezza è esserci nonostante tutto… poter toccare con un dito questa cosa fantastica che è la vita anche se delle volte fa paura. Bellezza è aprirsi allo stupore, all’interazione, al gioco. Bellezza è esaltare ciò che si è, urlarlo al mondo e non sentirlo messo in discussione da altri. Bellezza è sapere che siamo unici e ognuno di noi è un’opera d’arte da studiare e apprezzare.
Michele Vincelli
Oltre alla scrittura e alla lettura, hai altre passioni? Che cosa ci racconti a riguardo?
Suono la fisarmonica e amo fare fotografie. Al momento però ho parcheggiato le mie passioni per dedicarmi al 100% al ruolo di papà…
Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane autore che sogna di pubblicare il suo primo libro?
31Di non ascoltare i miei consigli. Io ho scritto un libro per una sola persona, se lo facessi anche tu forse ti sentiresti un po’ sfigato e penseresti di aver perso solo tempo. Scherzi a parte: scrivi per te, non per gli altri! Se non sarai autentico ogni pagina da scrivere sarà un’agonia perché andrà pensata, calcolata e ragionata. Scrivere di cuore può aiutarti anche a liberare parti di te poco conosciute e che forse cercano un’opportunità per essere decantate.
Hai la possibilità di inviare nello spazio una sola opera (che sia una poesia, un racconto, un romanzo) di un autore più o meno conosciuto. L’autore puoi essere anche tu. In questa opera dovrebbe essere raccolto il tuo messaggio a memoria futura. Quale opera scegli e perché?
Allora Serena, prima di rispondere a quest’ultima domanda fighissima vorrei ringraziarti di vero cuore per avermi ospitato. Mi hai fatto domande così belle che forse le risposte non serve neanche leggerle. Grazie per questa opportunità che mi hai dato e ti faccio un grande in bocca al lupo per questo lavoro che porti avanti. Allora allora, torniamo alla tua domanda. Penso manderei nello spazio la Divina Commedia per far comprendere quanto siamo dannatamente complessi; capaci di elevarci dal sottosuolo fin sopra le nubi… potrebbero così capire quanto siamo fragili e duri, puri e avvelenati, perfetti e imperfetti. Poi se si riesce manderei anche il mio libro… così…per avere qualche lettore in più oltre mia figlia che possa cogliere il mio messaggio “è insegnando l’amore che si sconfigge la guerra”, aggiungendo per l’occasione “…ad ogni angolo dell’universo”.
Risposte secche:
- Casa editrice o self? self
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Grazie, Michele, per aver risposto in modo sincero e profondo alle nostre domande.
Se le risposte di Michele Vincelli vi hanno incuriosito, potete approfondire qui:
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