L’ospite della domenica – Federico Del Monaco

“Lo statico volo d’una rima”, collana Arcadia, Daimon Edizioni, 2021.

Federico Del Monaco, “Lo statico volo d’una rima”, Collana Arcadia, Daimon Edizioni, 2021. Disponibile qui.

Sì, lo so: oggi non è domenica. Oggi è lunedì. A volte la vita ci riserva delle sorprese e oggi è proprio una di quelle occasioni. Niente vieta che un ospite della domenica possa intrattenersi il lunedì. La porta è aperta, le parole fluiscono nell’aria accompagnate dal vento. Con noi, stamani, Federico Del Monaco.


Ciao Federico, grazie per aver accettato il mio invito. Ho avuto il piacere di leggere e di recensire per Poesia: femminile, singolare il tuo libro “Lo statico volo d’una rima” (lascio qui la recensione). L’elemento che più mi ha colpita del tuo poetare, ma anche dei testi in prosa che ho avuto l’occasione di ascoltare, è senza dubbio la cura della parola, la sua ricerca attenta e puntuale. Per questo inizio con il chiederti quanto è importante per te la parola e se c’è una parola (una soltanto) a cui sei particolarmente legato. Se questa parola esiste, sono curiosa di sapere anche qual è e perché.

Ogni fase della ricerca ha delle parole predilette, più si va avanti nella scrittura e più si riscoprono quelle semplici, più pure… almeno per me è così. A quindici anni si pensa di avere la cintura nera, dopo i quaranta si ambisce ad averla bianca.

Credo che la tua poesia si ponga, tra i tanti obiettivi, anche quello di riportare l’attenzione sull’unicità di ciascuno, sulla necessità di andare oltre l’omologazione e l’appiattimento delle diversità. Che compito credi che la poesia debba avere al giorno d’oggi? Pensi che, nel corso dei secoli, questo compito si sia modificato o sia rimasto sempre lo stesso?

Ogni poeta dovrebbe appartenere al suo tempo e da esso spingersi nel passato e nel futuro. Compiti e percezioni della poesia sono cambiati nei secoli, a noi resta una importante eredità e il recupero di un nobile retaggio.


Ogni poeta dovrebbe appartenere al suo tempo e da esso spingersi nel passato e nel futuro. Compiti e percezioni della poesia sono cambiati nei secoli, a noi resta una importante eredità e il recupero di un nobile retaggio.

Federico Del Monaco

Nella tua raccolta le contraddizioni dell’essere umano trovano espressione. Il poeta si trova, a volte suo malgrado, a contrapporsi con la società che lo circonda. Quanto credi che sia difficile per un poeta contemporaneo inserirsi in un ambiente comune ed essere accettato? Pensi che esista diffidenza nei confronti di chi ha scelto di obbedire al richiamo dei versi?

Al giorno d’oggi penso che un poeta debba preoccuparsi di scrivere componimenti veri, possibilmente alti. tutto il resto è una conseguenza.

“Lo statico volo d’una rima” si apre con l’invito a lasciar perdere la non-vita dello scrittore, ad abbracciare la deriva di una vita semplice, in cui il pensiero nasce e muore nello stesso luogo. Le parole sudate e a volte persino vomitate sono qualcosa da cui dovremmo scappare. Promettere solennemente di non scrivere più; se non funziona, provare con un esorcismo. Se anche questo mezzo si rivelasse inutile, non resta che andare avanti, onorando la scrittura, perché è più forte anche di noi.
Quando e come hai capito che la scrittura era più forte di te? Ci racconti la tua resa al poetare?

La mia provocazione è nello spingere alla ricerca di coerenza e verità. Io scrivo da sempre, non c’è stato un momento in cui sono diventato scrittore, dai tredici anni ho impresso su carta le mie prime storie e dopo i diciassette ho avuto il coraggio di definirmi scrittore ma il viaggio è nato con me.


C’è in giro la credenza che basti l’ispirazione per fare poesia. Credenza da cui personalmente ho sempre preso le distanze e di cui ho parlato anche con Luciano Giovannini in una chiacchierata poetica simile a questa, disponibile qui. A questo punto vorrei fare la stessa domanda anche a te e ti chiedo di mostrarci che cosa c’è dietro le quinte di una tua poesia. Che tipo di lavoro fa il poeta Federico Del Monaco sul suo componimento?

Non esiste una ricetta o un segreto. Per scrivere bene è necessario fare tante di quelle cose che non basterebbe un manuale a sintetizzarle. Leggere aiuta, osservare aiuta ma se fosse semplice o ripetibile sarebbe un gesto per tutti.


Nella tua vita e nella tua carriera, ti sei dedicato molto allo studio della parola. Quanto è importante, secondo te, lo studio delle figure retoriche e della storia della poesia per scrivere poesia?

Cominciare da quel che non si sa e andare avanti, cercando di colmare ogni lacuna. È impossibile ma nel tentativo si cresce. Le figure retoriche non sono state uno studio dedicato, sono venute nella ricerca.


Per scrivere bene è necessario fare tante di quelle cose che non basterebbe un manuale a sintetizzarle. Leggere aiuta, osservare aiuta ma se fosse semplice o ripetibile sarebbe un gesto per tutti.

Federico Del Monaco

In “Lo statico volo d’una rima” non mancano tributi a due grandi poeti: Ugo Foscolo e Dino Campana. Ricordo con piacere una bellissima diretta (che potete recuperare qui) proprio su Dino Campana. Vorrei chiederti com’è nata la tua ammirazione per loro e che cosa credi che possano ancora insegnarci.

È impossibile prendere il genio dei più bravi, è per fortuna facile ammirarli. Per me sono stati due colpi di fulmine irrazionali che sono entrati nel mio cuore e nel mio stile. Prima o poi realizzerò un momento teatrale per parlare di questi due ragazzi complicati che sono diventati immortali. I grandi poeti possono ancora tutto, perfino insegnarci qualcosa.

Nella tua raccolta, ciò che appare evidente è l’impossibilità di rinunciare all’amore e alla scrittura. Ci racconti come questi temi si intrecciano nelle tue opere?

Si scrive per comunicare e raggiungere le altrui emozioni. Per chi come me predilige messaggi positivi è naturale parlare di sentimenti. E il principe delle emozioni è l’amore.

Se tu dovessi scegliere tre poesie contenute in “Lo statico volo d’una rima” a cui sei particolarmente legato, quali sarebbero? Perché?

Grazie a Alessandra Prospero, il mio editore, la mia silloge ha preso vita. È stata lei a selezionare le poesie, scegliendole da un nutrito numero di componimenti che ho proposto. La scelta mi ha stupito, sono collocate ad arte, spesso dimenticando la composizione temporale che mi legava ad illogiche ristrettezze. Se devo dirne tre nomino “Il matto è tornato”, una poesia che ha ricevuto molti riconoscimenti, “Lo statico volo d’una rima”, che dona senso alla mia poetica e a tutta la silloge e “Non ci credevi”, una delle prime rime che ho scritto, circa mille vite fa.

La scrittura e l’amore hanno in comune molti aspetti: la necessità, cioè l’impossibilità di resistere sfidando persino la propria volontà; l’essere uno specchio che mette a nudo chi si trova spiazzato innanzi a loro; la bellezza. Visto che sul mio sito porto avanti anche il mio progetto Ecco: filosofia della bellezza, vorrei chiederti che cos’è per te, Federico, la bellezza.

La bellezza è la grazia che si manifesta e stupisce ogni forma di normalità. Un necessario raggio di sole per questo freddo mondo.


I grandi poeti possono ancora tutto, perfino insegnarci qualcosa.

Federico Del Monaco

Ci hai già portato dietro le quinte del tuo poetare. Adesso voglio approfondire con te il momento dell’ispirazione. Che cosa fai quando arriva? Dove la appunti (se la appunti)?

La poesia, come la narrativa, non sono un atto spontaneo e costituito da un solo momento, almeno secondo me. Più che ispirazione io parlerei di pensieri e osservazioni che si fondono in una combinazione che può avere il gusto di una novità. Si scrive ovunque, a volte anche su carta, e infine si compone il mosaico. Dietro ad uno scritto di solito c’è tanto lavoro.

Oltre che poeta, Federico, sei anche autore di prosa e di musica, oltre che regista di testi teatrali. Come cambia il tuo approccio e il tuo lavoro con la scrittura in questi diversi ambiti?

Sono tutti registri diversi della stessa voglia di dire qualcosa, sperando che qualcuno ascolti.


A che cosa stai lavorando adesso?

Il 16 agosto andrà in scena ad Alba Fucens, vicino Avezzano (AQ) la mia monografia su Ivan Graziani dal titolo “Avrò bisogno ancora di te”.


Hai progetti per il futuro inerenti la poesia o la narrativa?

Tanto scrivere, tra cui provare la pubblicazione del mio romanzo, in ultima revisione.

Se tu dovessi indicare un libro che ti ha cambiato la vita, quale sceglieresti?

Il più grande uomo scimmia del pleistocene, di Roy Lewis. Un libro ai più sconosciuti, il mio preferito. Un giorno scriverò qualcosa per omaggiarlo.

Immagina di avere davanti a te un giovane che sogna di poetare. Che consiglio gli daresti?

Gli consiglierei di smettere, ancor prima di iniziare. Se il demone gli impedirà di rinunciare già sarà pronto per cominciare. Ma non dipenderà da me e, forse, nel profondo, nemmeno da lui.


Ringraziamo ancora Federico Del Monaco per aver approfondito con noi l’importanza della cura, nella poesia e nelle parole, nei rapporti umani che intrecciamo e che, un giorno, possono prendere come rime il volo.

Se le risposte di Federico Del Monaco vi hanno incuriosito, vi suggerisco di approfondire qui:



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