Che cosa vuol dire “renitenza”? Dove usare questa parola?
Ci sono libri che ti cambiano la vita. Che graffiano e di cui puoi da subito intuire che ti faranno stare male, che tutto non andrà come vorresti che andasse.
Ci sono libri che fanno la storia, della letteratura, sì, ma anche del pensiero.
Uno di questi, uno degli ultimi che ho letto (lo so, in età adulta, ma sono felice di averne potuto cogliere molte sfumature) è “1984” di Orwell. Il fatto più sorprendente è che tra quelle pagine non solo ho scoperto il termine che approfondiamo oggi, “renitenza”, ma che è stato plasmato su alcuni personaggi rendendoli una rappresentazione perfetta di tutto ciò che incarna.
La parola “renitenza”
Qualora stiate pensando di utilizzare la parola “renitenza” in poesia, potrebbe esservi utile sapere che è composta da quattro sillabe e che è una parola piana (l’accento cade sulla penultima sillaba).
La divisione in sillabe sarà questa:
re-ni-ten-za.
L’accento cadrà sulla “e” della sillaba “ten”.
Significato di “renitenza”
Termine specifico in espressioni giuridiche (ambito in cui non sono competente, ma se qualcuno di voi lo fosse e volesse approfondire, siamo qui!), “renitenza” indica la tendenza a resistere, a non essere accondiscendente alla volontà o agli ordini di un’altra persona. Meno forte del termine “riluttante”, si applica sia in senso intellettuale che spirituale.

E voi? Conoscevate questa parola? L’avete usata in qualche opera o in qualche contesto? Fatemelo sapere in un commento!
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